Il caso degli ebrei sfollati a Urbino negli anni delle persecuzioni

Dopo l’otto settembre ’43, numerosi ebrei lasciano le città del Nord e cercano la salvezza muovendosi verso Sud dove le armate alleate stanno risalendo la penisola. Alcuni di essi si rifugiano a Urbino. Ne abbiamo trovato traccia sia tra gli stranieri – molti dei quali passati per Trieste – che tra gli italiani, e ci siamo chiesti come sia stato possibile che per alcuni di essi la permanenza si sia protratta per mesi senza che subissero l’arresto al pari di quanto avveniva per i correligionari.

Già Maria Luisa Moscati Benigni ha sottolineato tale dato confortante per la sua città, mettendolo in relazione con l’atteggiamento dei concittadini e delle stesse autorità locali, pure non sempre così benevole. Analoghe considerazioni vengono fatte da Ermanno Torrico e Paola Fraternale Cesaroni, i quali mettono in evidenza una rete di solidarietà e di protezione per gli ebrei, attiva in modo particolare nel periodo in cui reparti tedeschi prendono stanza a Urbino, dunque da settembre ’43 alla liberazione, avvenuta tra il 27 e il 28 agosto ’44.

Va ricordato che il 31 maggio ’44 il comando tedesco presente in città aveva chiesto alle autorità comunali “un elenco preciso di tutti gli ebrei dimoranti adesso in Urbino” e il commissario prefettizio il giorno seguente rispondeva di aver interessato di ciò la questura perché corrispondesse “con ogni possibile urgenza alla richiesta.”1 In tale contesto, gli oppositori politici cercavano di agire a vari livelli. Si trattava di impiegati comunali, di medici ospedalieri, di assistenti carcerarie, di religiosi o di semplici cittadini, pronti a nascondere le persone in pericolo o a farle fuggire all’estero, come per due ebrei di cui non è ancora possibile individuare il nome.

Per la maggioranza degli israeliti le direttive del 30 novembre ’43 che obbligavano all’arresto furono applicate. Pertanto, dai primi di dicembre ’43 in poi le carceri cittadine si popolarono degli ebrei che non erano riusciti a rendersi irreperibili. Gli sfollati israeliti non sfuggirono alla sorte dei residenti e degli internati, e i rilasci furono dovuti essenzialmente a ragioni di salute.2

Per un primo orientamento sul nostro tema prendiamo in esame quanto emerge dalle carte ufficiali.3

In Archivio di Stato a Urbino sono depositati due elenchi, l’uno dal titolo CITTADINI ITALIANI DI RAZZA EBRAICA RISULTANTI IN QUESTO COMUNE, con 33 nominativi, l’altro intitolato ELENCO DEGLI STRANIERI DI RAZZA EBRAICA RISULTANTI IN QUESTO COMUNE, con 28 nominativi.

Dall’impostazione grafica si ricava che sono uscite dalla stessa macchina da scrivere e anche la nota a margine, a penna – “Posizione ebrei” – è della stessa mano. Si ritiene che siano state compilate nello stesso momento, presumibilmente a dicembre ’43, come sostengono anche gli studiosi Torrico e Cesaroni sopra citati.
Una terza lista – manoscritta e pure senza data – di “Stranieri ebrei sfollati, già in Provincia, resisi irreperibili”, è conservata presso l’Archivio di Pesaro. Alcuni nomi citati in questi elenchi ufficiali sono presenti poi in un’ulteriore compilazione con 10 casi.4

 Nel primo documento, quello degli italiani, oltre ai numerosi residenti e ad alcuni ebrei provenienti da Roma – Sergio Coen e Fernanda Moscati in Coen assieme ai tre figli, di cui si dice che vengono trasferiti “per ignota destinazione in seguito ai provvedimenti fascisti sulla razza” – troviamo due famiglie provenienti da Trieste, gli Eskenazi e i Saul. Queste hanno in comune l’origine dalla Turchia, la cittadinanza italiana e la composizione del nucleo con due figli.

La prima famiglia, che risulta “trasferita per ignota destinazione in seguito ai provvedimenti fascisti sulla razza”, è formata dai coniugi Eskenazi Levi-Fortuna Janni (lui nato nel 1900, lei nel 1911) e dai figli, Giulia (nata nel 1932) e Ester (nata nel 1936).5 In realtà la madre compare anche nell’elenco di coloro che a Urbino si resero irreperibili, lista in cui viene detta apolide, “donna di casa” e sfollata da Trieste, dove abita in via San Francesco allo stesso numero civico di Silbermann Ester, di cui diremo.

Nel saggio di Torrico e Cesaroni di cui sopra, si riporta una testimonianza in base alla quale nel 1943/’44 la famiglia Eskenazi Levi visse per un periodo presso la parrocchia di San Bartolomeo di Gaifa, nei dintorni di Urbino, nascosta dal parroco don Luigi Bernardini. I nomi delle figlie – Giulia e Ester – compaiono nel registro dei battezzati e il battesimo porta la data del 5 gennaio ’44. Pertanto le dichiarazioni delle autorità sul loro allontanamento possono essere interpretate o come un tentativo di sviare le ricerche o come reale ignoranza del loro nascondiglio.

La seconda famiglia nominata è composta dai coniugi Moisè Saul-Ester Taragano (lui nato nel 1893, lei nel 1897) e dai figli, Susanna (nata nel 1922) e Nissim (nato nel 1926). Di loro si dice che a Urbino abitano in via Bramante, mentre in altra lista senza data con 41 nomi di ebrei censiti nel territorio da Pesaro a Urbino, risultano risiedere in via Armando Diaz. In seguito, i Saul vanno a vivere nella vicina località di Monte Avorio presso un urbinate, Ivo Marcheggiani, che insieme alla famiglia Lobati si prodigherà in loro aiuto. Per questo motivo, nel giugno del 2013 lo stesso Marcheggiani e i Lobati saranno riconosciuti “Giusti tra le nazioni”.

 Nella seconda lista citata, quella degli ebrei stranieri, compaiono, come si è detto, 28 nominativi che possiamo classificare in tre gruppi in base alla provenienza:

a) – da Trieste
b) – da Marostica Vicentina
c) – da Pesaro

Merita spendere qualche parola anche per i due gruppi non triestini, che lasceremo per ultimi. Quanto ai primi, anticipiamo qui i loro nominativi: Rosenwasser, Misan (due nuclei), Papi, Silbermann/Grümberg, Lindenbaum/Schwarz, Rothenberg.

Per alcuni di questi casi, attraverso la Comunità ebraica di Trieste abbiamo rintracciato dei testimoni. Il primo è Franco Rosenwasser, la seconda è Ester Misan, il terzo è Fulvio Misan, cugino di Ester.

Franco Rosenwasser è figlio di Bartolomeo, che veniva chiamato Alberto. Suo padre aveva circa vent’anni quando fuggì dalla sua città con la sorella Violetta di diciotto anni, il fratello Guido di quindici e i genitori Simeone e Maria Mihaly. Questi ultimi – i nonni di Franco – erano originari di quell’area dell’Europa che ha cambiato più volte configurazione geo-politica, tra Slovacchia, Ungheria e Romania. Pur non possedendo riferimenti temporali precisi sulla vicenda, il testimone sa che la famiglia si era rifugiata a Urbino e che di lì se ne andò alla volta di Roma dove il padre Alberto divenne partigiano. Nel documento citato sono detti tutti e cinque apolidi provenienti da Trieste, trasferiti “per ignota destinazione in seguito ai provvedimenti fascisti sulla razza”. In realtà i due maschi adulti, Bartolomeo e Simeone, sono elencati anche tra coloro che si resero irreperibili.8

Presso l’ANPI di Pesaro il nome di Guido Rosenwasser è elencato tra i partigiani della V° Brigata Garibaldi, Pesaro.

Ester e Fulvio Misan erano figli di fratelli. Avevano in comune il nonno Isaia Misan di nazionalità greca, essendo originario di Corfù. Tale nazionalità era passata alla discendenza. Ester Misan aveva quattordici anni quando, subito dopo l’otto settembre ‘43, forse il giorno stesso, fuggì da Trieste con la famiglia formata dai genitori Armando e Wanda Camerini e dal fratello Dario. Ricorda bene quel momento. I suoi decisero di rifugiarsi a Urbino perché di lì proveniva la nonna Erminia Montefiore, già defunta. La testimone ha ben presente che in fuga con loro c’erano anche lo zio Achille Misan e il cugino Fulvio sopra menzionato.

A Urbino ricorda poi una ragazza, Sara Papo, la quale aveva il padre in Israele. Sara compare nella schedatura da noi rinvenuta.

Ester riferisce che suo padre Armando ogni giorno doveva firmare la presenza presso le autorità, anche perché era di nazionalità greca. Inizialmente abitavano in centro e qui lei era diventata amica di una giovane del posto, Placidia Coen. La sua famiglia era entrata in rapporti con i genitori di Placidia e con le sorelle Perugia – Adele, Augusta, Bianca, Eva.9 

A un certo punto la permanenza in centro non è più possibile e i Misan cercano di allontanarsi. In località Monte Avorio trovano una casa colonica, in precedenza ceduta a mezzadria. Il fatto singolare è che il giorno stesso in cui vi si trasferiscono servendosi di un carrettiere, si accorgono di essere seguiti da un poliziotto o da un carabiniere. Questo fatto allarma il padre di Ester che decide di affrontarlo. Ma quando gli chiede quali siano le sue intenzioni, quello risponde: “Faccia conto che sia stato suo fratello a seguirla” e li lascia andare. 

L’abitazione era talmente isolata che per arrivarci bisognava camminare nei campi dopo aver lasciato la strada. In casa ci si riscaldava con la legna e per il cibo bisognava provvedere muovendosi nei dintorni. Per fortuna nella frazione vicina si trovava un negozietto di cui a volte si servivano. In sostanza, Ester resta in quella casa assieme alla famiglia, indisturbata, fino alla liberazione del territorio nell’agosto del ’44.

Occorre sottolineare che Armando Misan compare nell’elenco degli ebrei sfollati che si rendono irreperibili. Noi sappiamo invece che le autorità conoscono esattamente il posto isolato in cui si è rifugiato con la famiglia e dove resterà fino all’arrivo degli alleati. L’episodio del poliziotto non è rimasto circoscritto se è vero che nel documento da cui siamo partiti in questa ricostruzione si legge per ciascuno dei quattro componenti la famiglia: “Abitante Cà Scalbo di M. Avorio n. 22”.

Un carteggio conservato a Pesaro presso l’Archivio di Stato fornisce indicazioni di prima mano. Il 3 novembre ’44, quando ormai il territorio è liberato, Armando Misan scrive al questore da Urbino  per riferire della sua situazione. Si qualifica come cittadino ellenico di religione ebraica, nato ad Alessandria d’Egitto il 19/3/1899, in precedenza residente a Trieste in via Segantini XIV/III. Nella stessa città, in via Mazzini 38, era proprietario di un negozio di calzature. Afferma di aver dovuto rifugiarsi con la famiglia – composta dalla moglie Vanda Camerini e da due figli, Dario, nato a Trieste il 15/7/’27 e Ester nata a Trieste il 27/10/’29 – “nelle campagne della provincia di Urbino dal 9 settembre fino a tutt’oggi”. Viste le norme sul sussidio di cui possono godere svariate tipologie di persone, sfollati o internati, chiede di essere ammesso al beneficio, “avendo esaurito già da diverso tempo le proprie riserve per aver dovuto vivere nascosti e senza tessere questo lungo periodo di aspettativa.” Il domicilio della famiglia a Urbino è in Via Otto settembre n. 7, presso Rossi.

Nella risposta, datata 8 gennaio ’45, il questore specifica alla P. S. di Urbino, affinché lo comunichi al Misan, che nel suo caso non è applicabile la circolare ministeriale del 14 agosto ’44, in quanto questa vale per ex internati politici e lui non lo è. Dovrà rivolgersi alla prefettura per ottenere il sussidio quale sfollato da Trieste.

Con ogni probabilità Armando Misan si è trasferito nelle campagne di Urbino prima degli altri correligionari, i quali risultano ancora presenti nelle vie del centro. Poi se ne andranno in periferia o si renderanno irreperibili.10

Da una lettera di Wanda Camerini in Misan veniamo a sapere che nell’agosto del ’45 la famiglia è ancora a Urbino in quella che lei chiama Piazza Otto settembre, dunque presso la stessa famiglia Rossi nominata dal marito. La figlia Ester conferma il dato e aggiunge che in quell’anno riprese la frequenza scolastica, lei a Urbino in una scuola secondaria di secondo grado e suo fratello a Rimini, dove affrontò l’esame di maturità. Wanda Camerini  indirizza la lettera a Gina Viterbo, governante della famiglia Morpurgo di Gorizia che si trova ancora a Ostra Vetere in Provincia di Ancona, territorio in cui era stata internata. Nel testo fornisce informazioni su due giovani ebrei: Gaddo Morpurgo, che fu a lungo incarcerato a Urbino, e Arthur Amsterdam. Essi furono aiutati da diverse persone che sappiamo legate al movimento partigiano. Da notare che a quella data i due internati erano già stati fucilati a Forlì, ma passò del tempo prima che si facesse luce sull’eccidio. Wanda Camerini informa poi di aver ricevuto dalla Delasem l’assicurazione che un camion della Joint (American Joint Distribution Committee) verrà a prenderli per riportarli a casa.11 

Dopo la guerra la famiglia Misan non sarà più la stessa. Due fratelli di Armando e Achille erano rimasti a Trieste, di lì vengono deportati nei lager nazisti e non faranno più ritorno: sono Adele e Giuseppe Misan. Il loro anziano padre, Isaia (di Armando e Diamante Osmo) si trovava in una casa di riposo nella stessa città, viene arrestato da tedeschi e deportato ad Auschwitz da cui non farà ritornoStessa sorte per la cugina Clara Misan, la cui madre Linda Montefiore era sorella della madre dei fratelli Misan, Erminia.

Altri tre Misan in età avanzata, originari di Corfù, furono deportati sempre da Trieste. 

C’è poi il caso di Diamantina – di Sabato Israel, nata a Trieste il 13 agosto 1913 – la quale aveva sposato Armando Misan, omonimo del padre di Ester. I due uomini erano cugini, come ricorda la stessa Ester. Diamantina Israel in Misan si trovava nel convento del Carmine a Firenze e lì nel novembre ’43 fu catturata assieme ad altri ebrei, alcuni sotto falso nome, e deportata. Il marito non era con lei, si trovava comunque a Firenze, mentre il figlio Elio era a Montecatini presso l’orfanotrofio Facibeni. Ester sostiene che Diamantina avesse con sé un altro figlio di circa tre anni il quale fu nascosto sotto le vesti di una suora e salvato, tanto che poi visse a lungo a Trieste.12 

 Nel Libro della memoria risultano altre due vittime, Elio Misan (del 1912) e Isacco (del 1909). Vi si dice che sono figli di Diamantina e Giuseppe Misan e che furono arrestati a Trieste l’uno nel novembre, l’altro nel dicembre ‘43 per essere poi deportati. In questo caso si tratta di omonimia per le due donne (Diamantina) poiché, per ragioni di età, non può trattarsi della stessa persona di cui sopra

 Il cugino di Ester, Fulvio Misan, era piccolo ma qualcosa ricorda della storia familiare. Lui e il padre Achille (vedovo) fuggono da Trieste l’otto settembre ’43. A Urbino, dove suo padre doveva firmare la presenza ogni giorno presso le autorità, si sistemano presso la famiglia Marcheggiani, un ramo della quale darà rifugio , in frazione Monte Avorio, ai Saul di Trieste. Nella nostra lista si legge che Achille abita in Via Raffaello. Fulvio ricorda che, come gli zii e i cugini, anche loro a un certo momento lasciano il centro per la campagna; per la precisione raggiungono la frazione di Monte Olivo, dove vanno a vivere in casa della famiglia di Alfredo Fraternali. Infine, dopo la liberazione del territorio nell’agosto ’44, cercano di allontanarsi in fretta dalla linea del fuoco: prima raggiungono il campo di raccolta di Cinecittà a Roma, poi Napoli.13

In sintesi. Nelle carte ufficiali si trova scritto che i due fratelli Misan, Achille e Armando, si rendono irreperibili. Dalla testimonianza di Fulvio  ricaviamo invece che suo padre era riparato nei dintorni di Urbino dove viveva presso una precisa famiglia. Senz’altro i Fraternali li hanno coperti e protetti, visto che non doveva essere facile passare inosservati nei giorni e nei mesi della “caccia all’ebreo”. Su questo punto si veda quanto detto per l’altro ramo dei Misan e per la famiglia Eskenazi Levi. Alquanto probabile è la copertura del loro allontanamento da parte delle autorità.

Sara Papo, la giovane ricordata da Ester Misan, è registrata nella lista degli ebrei stranieri assieme alla nonna Lea, con la quale si era allontanata da Trieste. Di loro si dice che hanno cittadinanza bulgara e risultano trasferite “per ignota destinazione in seguito ai provvedimenti fascisti sulla razza”. Lea poi è tra coloro che a un certo momento si rendono irreperibili.14

Abbiamo ancora due famiglie ebraiche provenienti da Trieste. 

La prima è formata da una madre con tre bambini, tutti e quattro di nazionalità turca. Si tratta di Ester Silbermann in Grümberg con i figli Clara, Davide e Marco. Se da un lato risultano trasferiti “per ignota destinazione in seguito ai provvedimenti fascisti sulla razza”, dall’altro la madre è in elenco con gli ebrei sfollati che si rendono irreperibili.15 Ora, grazie ad alcune carte rinvenute presso l’Archivio di Stato di Urbino, abbiamo la possibilità di attribuire un riferimento temporale più preciso alle liste poliziesche che censiscono la presenza ebraica nel territorio. In uno scambio tra il podestà di Urbino e quello di Casale Monferrato avvenuto nel corso di ottobre ’43, si dice che i bambini Davide e Marco, orfani del padre Bernardo ricoverati presso l’orfanotrofio israelitico di Casale Monferrato, se ne sono andati, pare da soli, e non si sa dove siano. Pertanto la madre, che vorrebbe riaverli con sé a Urbino – per questa ragione si era rivolta al podestà – deve prendere atto che non si hanno più notizie dei suoi figli. Accanto alla firma della donna per presa visione della comunicazione, si annota che abita – con ogni probabilità assieme alla figlia Clara – presso una signora di Urbino.

Dalla comunità ebraica di Trieste abbiamo saputo che nel ‘42 la signora Ester era sola in città poiché in quel periodo il marito Bernard Grümberg e i figli si trovavano in Turchia. Con la morte di Bernard Grümberg avvenuta pochi mesi dopo, i figli tornano in Italia dalla madre la quale ne ricovera due nell’orfanotrofio di Casale Monferrato. In ogni caso, i bambini dopo la fuga giungono a Urbino. La ricostruzione della loro storia ci permette di dire che la lista in cui sono censiti assieme alla madre e alla sorella va collocata dopo il novembre del ’43.

L‘altra famiglia triestina è quella di Carola Lindenbaum di Enrico, in Schwarz, con il figlio Kurt. Sono di nazionalità austriaca e di loro si dice che a Urbino abitano in Via Raffaello. Poi, come per gli altri, la segnalazione della fuga.16

L’ultimo caso dei triestini è quello di  Marco Rothenberg il quale risulta trasferito “per ignota destinazione in seguito ai provvedimenti fascisti sulla razza”, con fuga finale. Non si sa in quale via di Urbino abiti, mentre si conosce il suo indirizzo a Trieste, via Valdirivo, stesso numero civico dei Rosenwasser.17 Il suo nominativo è incluso nel database di Francesca Cappella sugli ebrei stranieri internati in Italia, tuttavia non sono indicati né il luogo né il tempo dell’internamento.18

Occorre ora riferire degruppo degli ebrei stranieri provenienti da Marostica Vicentina, in quanto la loro vicenda può essere illuminante anche per gli altri. Si tratta di tre nuclei familiari di nazionalità jugoslava per un totale di sette persone. Di loro troviamo notizie dettagliate in altra ricerca sull’internamento nel territorio di Vicenza, essendo appunto di lì transitati.19 

Questi i loro nomi con l’indirizzo a Urbino:
– 
Aladar Fleischman (n. 1903) e moglie Ibj Tanzer (n. 1918), abitanti in Viale Dalmazio Birago.

– Rodolfo Fleischman (n.1891), moglie Olga Mϋller (n. 1903) e figlia Suli (n.1924), abitanti in Via Mazzini;

Bela Buchler (n.1889) e moglie Etta Tanzer (n. 1889), abitanti in Viale Umberto 1°.

Nel ’41 tutti e sette gli ebrei nominati  si trovavano a Spalato e di lì furono destinati al campo di concentramento di Lipari (ME) per poi passare all’internamento libero di Marostica Vicentina. Di qui dopo l’8 settembre ’43 si danno alla fuga, probabilmente insieme, e approdano a Urbino come sfollati. I due Fleischman erano fratelli, commercianti di tessuti e domiciliati a Zagabria come alcuni degli altri compagni di sventura.20 Esiste poi una parentela tra le due Tanzer (il cui cognome è erroneamente scritto Tenler): Etta era la matrigna di Ibj.21 

Anche per loro si sa per certo che a Urbino vengono censiti come ebrei stranieri e, come si può vedere sopra, si conosce esattamente il loro domicilio nella città di Raffaello. Non è segnalata alcuna fuga e quasi sicuramente non vengono arrestati. Non sapremmo nulla di preciso se non fosse grazie a un incartamento conservato presso l’Archivio di Stato di Pesaro, nel fondo della questura riguardante gli internati. Si tratta di un fascicolo intestato a Bela Buchler che contiene notizie sulla moglie e dichiarazioni della coppia.
Fuggiti dopo l’armistizio, i Buchler si rifugiarono a Urbino e qui “si tennero nascosti per evitare l’arresto da parte dei tedeschi” fino all’arrivo degli alleati un anno dopo. E poiché Etta (Etelka) vantava la perfetta conoscenza della lingua inglese, fu assunta come impiegata dal Comando alleato locale, mentre lo stesso comando affidò al marito Bela la mansione di magazziniere.22
Si può pensare che gli altri del gruppo, essendo imparentati, abbiamo seguito il loro esempio e siano rimasti presso qualche famiglia o altra struttura che non viene citata, fino alla liberazione del territorio dalla presenza tedesca.

Infine, nella lista degli stranieri abbiamo il critico d’arte e musicologo Arthur Neisser,  di cui ci siamo occupati nel nostro database. Proviene da Pesaro, è definito apolide e a Urbino abita in Corso Garibaldi. Era stato internato in territorio pesarese nel giugno ’42 dopo un periodo di restrizione in altre località della penisola. Il primo periodo di internamento per lui termina il 30 agosto ’43 quando ottiene la revoca. Egli chiede allora di poter rimanere a Pesaro e viene autorizzato. Il soggiorno a Urbino (il primo) potrebbe collocarsi in questo periodo di relativa libertà. A riprova di ciò, il fatto che nella schedatura della polizia non venga classificato come internato. Poi, quando scatta l’ordine darresto generalizzato, Arthur viene rintracciato a Pesaro e l’8 dicembre ’43 è incarcerato. Resta recluso fino al giorno 21, quando per ragioni di salute e per la tarda età è liberato dal carcere e nuovamente internato a Pesaro. Finché, nel maggio del ’44 mentre la guerra infuria, mosso dal desiderio di rinfrancare lo spirito dopo quasi quattro anni di esilio, chiede il permesso di trasferirsi temporaneamente a Urbino per studiare la pittura di Raffaello come storico dell’arte. E a Urbino prende dimora proprio in Corso Garibaldi, allo stesso numero civico dell’altra volta. Per lo studioso sarà l’ultima boccata di ossigeno prima del tragico epilogo. Pochi mesi dopo, viene catturato nel territorio di Sondrio mentre cerca di raggiungere il confine. Deportato ad Auschwitz, vi trova la morte il 28 ottobre del ’44.23

 

NOTE

1. ASCU, 1937/’46, Cat. VIII, b.76, f.11. Sulla realtà urbinate si veda il saggio di E. Torrico e P. Fraternale Cesaroni, Gli ebrei in Urbino dalle leggi razziali alla Liberazione della città (1938/’44), in Urbino tra le due guerre. Memoria pubblica e privata, ed. Quattroventi, Urbino 2001. Gli autori si rifanno ad alcuni degli elenchi da cui siamo partiti per la nostra ricognizione. Importante il riferimento all’aiuto prestato nel periodo di massimo pericolo da vari cittadini, di cui sono riportati i nomi e il ruolo professionale. Fra questi, don Gino Ceccarini attivo nel CLN, Severino Baiardi, medico delle carceri, Concetta Ceccarini, assistente carceraria, Luigi Micheli e Carlo Paolucci, impiegati comunali, e il dottor Aurelio Caruso, chirurgo dell’ospedale.

2. Per gli sfollati si vedano i casi delle famiglie Ancona e Szantò, di Margherita Pardo e di Sergio Ravà, tutti nel database. Ad essi va aggiunta Elisa Michelson in Neuberg di Ludovico, nata a Berlino l’11/11/1868, domiciliata a Bari, schedata e arrestata. Per i residenti a Urbino gli arresti riguardarono le seguenti persone che non si erano rese irreperibili: Ettore Bemporad di Gioacchino (nato nel 1873), Momolo Bemporad di Giacobbe (nato nel 1876) e i fratelli Gemma (nata nel 1883) e Ugo Coen (nato nel 1881).

3.Le sigle che utilizzeremo per le fonti sono quelle del database, salvo diversa indicazione.

4CS, lista di “Ebrei stranieri sfollati a Urbino e sfuggiti alla cattura”.

5. Formula di non facile interpretazione che potrebbe significare carcere o internamento. Tuttavia, in altro documento di persone così definite si dice che si sono rese irreperibili.

6. ASP3. Fortuna Janni, di Giuseppe, era nata a Istanbul il 4/4/1911. Secondo la Comunità ebraica di Trieste, nei primi mesi del ‘39 la sua famiglia era emigrata a Tangeri, in Marocco, e si pensava che vi fosse rimasta per tutti gli anni della guerra, finita la quale sarebbe poi tornata a Trieste. Invece li troviamo a Urbino.La figlia Ester abita a Trieste (2013) ed è ancora iscritta alla Comunità con il marito e i figli, mentre la sorella vive altrove con la sua famiglia.

7. D’ora in avanti: Com.ETS. Abbiamo confrontato e integrato i nostri dati con quanto risulta alla Comunità. Le interviste sono state effettuate nel novembre 2013.

8. ASP3. La famiglia, abitante a Trieste in via Valdirivo, è così composta: Simeone Rosenwasser di Bernardo, nato a Berglika, Bulgaria, il 3/1/1892; Margherita Maria Mihaly, nata nel 1896 a Maggar, Romania, (Ndr: forse Mager, Slovacchia); i figli, tutti nati a Trieste, Bartolomeo il 27/3/1923, Violetta nel 1925, Guido nel 1928. Simeone è detto “piazzista” e Bartolomeo studente.

9. Tutti gli ebrei citati sono registrati tra i residenti in Urbino all’epoca. Nei nostri documenti si riporta erroneamente che Ester Misan è del ’39, mentre è nata nel 1929. Oltre a lei e al fratello Dario, nato a Trieste nel 1927, sono censiti il capofamiglia Armando Misan di Isaia, negoziante “greco”, nato ad Alessandria d’Egitto il 19/3/1899 e la moglie Wanda Camerini di Vito, “greca”, nata a Napoli il 28/5/1903. La famiglia abita a Trieste in via Segantini.

10. Allora Urbino era dotata di un commissariato di P.S., sezione della Questura di Pesaro, e di una sezione dei CC.RR. di Ancona. Per il carteggio del ’44/’45 si veda ASP, Pratiche relative ai cittadini di origine ebraica, f. Misan Armando.

11. Lettera conservata presso la Redazione della rivista on line Una città e pubblicata in stralcio nel n. 11 del 1992. 

12. Per i dati sulla famiglia Misan allargata, in relazione alla deportazione, si vedano Il libro della memoriaEbrei in Toscana etc., opere entrambe citate nelle fonti. Illuminante è stata poi la seconda intervista a Ester Misan, raccolta dagli autori nel marzo 2014.

13. Fulvio Misan è nato a Trieste nel ’38. Suo padre Achille, di Isaia, il 9/10/1908 nella stessa città, dove viveva in via Galleria. In Asp3 è detto “greco” e commesso di negozio.

14. Sara Papo, di Giacomo e Olga Levi, nata a Sarajevo il 16/01/1922, era orfana di madre e aveva il padre in Israele. A Trieste abitava in via Maiolica, sua nonna in via Casada. Le generalità della nonna sono discordanti. In un nostro documento è detta Lea Mosconi di Nissim in Papo, nata il 5/5/1871, vedova, “donna di casa”, abitante a BazarXXX (Bulgaria). Presso la Com.ETS è registrata come Lea Papo di Nissim e Moscona Rosa, nata a Tohor Bozorph (Bulgaria), stesso anno.

15. Ester Silbermann di Israele, in Grümberg, nata a Izmir (Smirne), Turchia, l’8/6/1905, è definita “donna di casa” e a Trieste abita in via San Francesco allo stesso numero civico di Fortuna Janni. Con lei i tre figli tutti originari di Trieste, Clara (nata il 6/11/1933), Davide (nato il 26/01/1935) e Marco (nato il 23/08/1932). Nei documenti è detta erroneamente Zilbermann in Grimberg.

16. Nella nostra lista la madre è detta erroneamente Lindendann. Nata a Vienna il 12/11/1891, Carola ha con sé il figlio Kurt Leopold (nato nel 1923). In base ai documenti della Com.ETS, all’epoca non abitavano a Trieste. Un omonimo, Kurt Schwarz di Emilio, nato a Vienna il 23/8/1889, compare in altra fonte (CS) tra gli ebrei sfollati sfuggiti alla cattura.

17. Marco Rothenberg, nato a Brody, Polonia, il 21/8/1877, era un impiegato.

18.  Cdec.

19. Si veda la fonte Tag.

20. Da notare che ulteriori due fratelli Fleischman, internati, condividono la storia di Aladar e di Rodolfo fino a settembre ’43.

21. APz.

22. Fonte ASP. Nel maggio ’45 la coppia si trasferisce a Rovigo dove apre un negozio di abbigliamento e nel ’47 chiede la cittadinanza italiana. Ne riportiamo i dati anagrafici completi: Bela Buchler di Wilhen e Giovanna Ernest, nato a Gussig (Austria) il 1/6/1889; Etelka (Etta) Tanzer, di Leopold e Rosa Stark, nata a Mohacs, Ungheria, il 21/1/1898. Entrambi cittadini jugoslavi, senza prole (salvo che Ibj è figliastra di Etta).

23. Si vedano Il libro della memoria e il fascicolo ad nomen in ASP. Arthur Neisser, di Albert e Sofia Oppenheim, era nato a Berlino il 6/4/1875.