Scheda

Frankel Chama (Eva) Ryfka (Regina)



Didascalia:

I coniugi Chama e Salò Jeckel. Arolsen Archives.

Famigliari compresenti: marito
Coniugato/a con: Jeckel Salò
In Italia a: Fiume (ora Croazia)
In Italia da: /
Percorso di internamento: Apecchio (PS) dal 27/11/'40 fino alla liberazione del territorio alla fine del ‘44.
Ultima località o campo rinvenuti: Apecchio (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Apecchio (PS); Anghiari (AR). USA dopo il '53.
Fonti:

ASP; A1; A2; A1-bis; ASCA; Bad.


Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

Per i suoi dati si veda il fascicolo del marito presso l'Archivio di Stato di Pesaro.

Con il coniuge Jeckel Salò  viveva a Vienna. Grazie alle carte trovate negli archivi di Bad Arolsen conosciamo la prima parte della loro vicenda. E’ lo stesso Jeckel a raccontarla nel giugno 1948, da Roma, in attesa dell’autorizzazione ad emigrare in USA. Lui aveva lasciato la Polonia nel 1910  per trasferirsi a Vienna dove lavorava come apprendista presso un commerciante e contemporaneamente frequentava la scuola commerciale. Poi aveva aperto un negozio di tessuti. Nel marzo ’38, dopo l’Anschluss, aveva lasciato la città. Raggiunta Fiume, dove riprendeva l’attività di agente commerciale, si era registrato per l’emigrazione in USA. Grazie a ciò, la moglie Chama Rifka poteva raggiungerlo nel luglio ’39 con un pass regolare che aveva ottenuto a Vienna perché attestava che stavano per partire per l’America. 

Nel novembre ’40 lei viene internata con Salò in Provincia di Pesaro, ad Apecchio. Il mese seguente la prefettura del Carnaro informa l’omologo ufficio marchigiano che i due “ebrei germanici” hanno bisogno del sussidio previsto per gli internati avendo il capofamiglia perso il lavoro di rappresentante di una ditta di Vienna; qui le autorità di Fiume affermano che Salò vi era giunto nel 1930 anziché nel '38 come affermato dall'interessato.

Nel corso del ’43 risultano diverse richieste di visita medica da parte dei due internati, con relativa autorizzazione a loro spese. Emerge poi un atteggiamento piuttosto benevolo nei loro confronti da parte delle autorità locali e delle forze dell’ordine che tengono conto delle precarie condizioni di salute della coppia per rallentare la macchina persecutoria. 

Lei resta internata per oltre quattro anni nello stesso comune e riceve il sussidio statale - i cui rendiconti sono conservati nell’Archivio comunale - senza soluzione di continuità fino e oltre la liberazione del territorio, come scriverà il sindaco il 10 dicembre ’44. Su questo punto e sull’arresto del 3 dicembre '43, di fatto non attuato, si veda quanto detto per il coniuge.  

Nel maggio del '45 gli Jeckel compaiono ancora in Provincia di Pesaro con un gruppo di 42 persone - ex internati ed ex confinati politici - in prevalenza slavi, provenienti dal campo di concentramento di Anghiari (AR). Anche per questa parte si veda la scheda del coniuge.

Nel luglio '45 la commissione UNRRA visita Apecchio e siccome trova suo marito seriamente sofferente, gli assegna un contributo di ottomila lire. In ottobre '45 i coniugi raggiungono Roma per curarsi e prepararsi a partire. Ricevono un aiuto dalla stessa organizzazione fino a luglio '47 quando questa viene sciolta, dopodiché sono sostenuti dall'AJDR fino a giugno '48. Lei lavora presso l'Ufficio della Jewish Emigration fino ad agosto '47 e dichiara che in futuro può lavorare come sarta, nella confezione di cravatte o come domestica. Entrambi i coniugi conoscono la lingua italiana. Salò conosce perfettamente anche il polacco, lingua madre, e il tedesco, oltre a un po' di inglese.

Sostenuti dall'IRO, organizzazione di aiuto ai rifugiati, gli Jeckel nei primi anni cinquanta ottengono l'autorizzazione ad emigrare a New York dove vive un fratello di Salò.