Scheda

Venezia Alberto



Famigliari compresenti: /
Coniugato/a con: celibe
In Italia a: Venezia
Percorso di internamento: Sant'Angelo in Vado (PS) dall’ 8 luglio '40 all'estate '41; Piobbico (PS) dal 6/8/'41 al 14/2/'42; Pennabilli (PS) dal 25/2 al 15/8/'42 quando è rimpatriato in Grecia.
Ultima località o campo rinvenuti: Pennabilli (PS)
Deportato:
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti: ASP; ASCPI; Cdec; Car; A3-b.30; MES; LM/AM; YV.
Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

Aveva lasciato la Grecia per assolvere al servizio militare in Italia e non perdere la cittadinanza italiana, scelta analoga a quella dell'internato Alfredo Enriquez.

Alberto diventa sottufficiale, ma nel '38 viene radiato dall'esercito in base alle leggi razziali. Intanto è stato dichiarato disertore in Grecia e deve trattenersi a Venezia più a lungo del previsto. Lavora come operaio in uno stabilimento petrolchimico, presumibilmente a Marghera.

Nel giugno '40 viene segnalato per l'internamento dal Prefetto di Venezia al Ministero dell'Interno, in quanto "non iscritto al partito, sionista convinto, vagabondo, alquanto squilibrato di mente", pesante giudizio smentito dai fatti e dal comportamento tenuto durante i due anni della misura restrittiva passati per intero in Provincia di Pesaro.

La nota dei carabinieri di Urbino che registra il suo arrivo a Sant’Angelo in Vado gli ricorda che dovrà presentarsi all’Arma tre volte al dì ad orari prestabiliti e che gli è fatto divieto di uscire dall’abitato. Si aggiunge che ha preso alloggio presso l’affittacamere Lucia Bucci. La permanenza si protrae per un anno, un tempo sufficiente per radicarsi nel territorio, anche troppo secondo le forze dell'ordine locali le quali lo segnalano per eccessiva "intraprendenza in campo femminile".

Per tale addebito viene diffidato e trasferito d'autorità a Piobbico. Dalla nuova sede egli inoltra una richiesta di indumenti che rimbalza dalle autorità locali a quelle centrali e di qui alla prefettura veneziana la quale riconosce che il questuante è nullatenente e non ha alcun congiunto in Italia che possa sostenerlo. Riteniamo pertanto che abbia ottenuto qualcosa in più di una maglia e di un paio di scarpe, unica assegnazione che gli riconosceva la prefettura pesarese.

Nel novembre del '41 Alberto chiede di poter tenere corrispondenza con una serie di persone ed enti. Il podestà di Piobbico sottopone i nomi alle questure di residenza onde ottenere "dettagliate informazioni" preventive. Si tratta della comunità israelitica di Venezia e di alcuni ex compagni di internamento a Sant'Angelo in Vado: Aldo Segré e Gustavo Sacerdote che ora si trovano a Milano, e Ivo Minerbi inviato in soggiorno obbligato a Firenze anziché nella sua Ferrara. Alberto Venezia chiede poi di poter scrivere a Matilde Cassin a Firenze.

Nel gennaio '42 il suo nome compare tra i rappresentanti della Delasem dalle località di internamento, nel suo caso, Piobbico, dove succede a Felix NeumannIntanto le difficoltà economiche si fanno sentire. Nello stesso mese il giovane italo-greco rivolge un'istanza al Ministero degli Interni per ottenere il trasferimento a Guardiagrele in Provincia di Chieti dove esiste la possibilità per gli internati di organizzare una mensa comune, richiesta che lo accomuna a Felix Neumann. Per la grande scarsità dei generi alimentari e la povertà del sussidio statale si fatica a vivere, sostiene AlbertoI carabinieri intanto segnalano come, allo scopo di procacciarsi il cibo, egli abbia preso contatto con "vecchi sovversivi" di Piobbico - quali Tenchini Miles e Painelli Curzio - suscitando sfavorevoli commenti presso il fascio locale il quale chiede l'allontanamento dell'internato ebreo. Il falegname Tenchini era molto solidale con gli internati, come si è scritto a proposito di Caffaz e di Verbovsek.

Alberto Venezia non verrà accontentato circa la sede ma nel febbraio ’42 sarà trasferito a Pennabilli (PS).

Di qui egli sollecita ripetutamente la propria liberazione al fine di poter tornare in Grecia per ragioni di ordine familiare. Con la morte del padre la casa di famiglia dev'essere venduta e lui ha bisogno di accordarsi con i quattro fratelli per la successione. Da Salonicco l'assiste l'avvocato Saul Moissis che interviene nei passaggi burocratici necessari e gli spedisce la documentazione, fra cui una lettera del console d'Italia a Salonicco che l'internato inoltra a Roma.

Nell'estate '42 Alberto ottiene l'auspicato permesso. In giugno raggiunge Brindisi a sue spese con un agente, ma solo per scoprire di essere in possesso di una somma insufficiente per l'imbarco (lire 450 contro 750), pertanto deve tornare sui suoi passi. Chiede allora, essendogli rimasto quanto basta per arrivare a Fiume, di potersi fermare a Venezia per ottenere un prestito dalla Comunità ebraica cittadina. Sottolinea che allo Stato italiano conviene accontentarlo in quanto spende di più a mantenerlo sul proprio suolo che  a rimandarlo a casa.

Ed è quanto avverrà. Il 15 agosto '42 Alberto lascia il territorio nazionale diretto a Salonicco. L'anno seguente, nel maggio '43, a Piobbico giunge una lettera della Croce Rossa Italiana a lui diretta. Il podestà la trasmette alla Questura di Pesaro in quanto il destinatario è "sconosciuto tra gli internati". Sono passati oltre quindici mesi dal suo trasferimento e il breve passaggio per Piobbico è stato dimenticato.

Il ritorno in Grecia purtroppo ha un risvolto tragico. Il giovane stava andando a morire assieme ai circa 56.000 ebrei di Salonicco che conobbero la deportazione e la morte nei campi di sterminio. Solo nel maggio 2010 abbiamo saputo per certo che lui stesso fu deportato e ucciso nei lager nazisti con tutta la famiglia: la madre e i quattro fratelli. Stessa fine conobbe l'avvocato Saul Moissis che lo assisteva dalla sua città.

Per ulteriori notizie si vedano il volume Con foglio di via, citato nelle fonti pubblicate, e il sito YV.