Scheda

Bianchi (Weisz) Ervin



Didascalia:

Dalla scheda segnaletica della Questura di Pesaro del maggio '43.

Famigliari compresenti: /
Coniugato/a con: Rosa XXX
In Italia a: Trieste - Fiume
In Italia da: /
Percorso di internamento: C. di c di Campagna (SA) dall' 11/10/'40 fino a data non precisata; c. di c. di Ferramonti di Tarsia (CS) presente a marzo ’42; Grado (GO) da marzo a dicembre ‘42; Apecchio (PS) da dicembre ‘42 al 3/12/'43 quando viene incarcerato a Cagli (PS). Fuga dal carcere il 17/3/'44.
Ultima località o campo rinvenuti: Apecchio (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Roma Cinecittà
Fonti: ASP; ASCA; A2, b.3, f. 4/2, Rev. corrispondenza; VER; Ar.ANPI; Ferr.
Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

Bianchi (Weisz) Ervino era un industriale, già sergente dell'aviazione. Viveva a Fiume dal 1905 e aveva cittadinanza italiana. Nell'ottobre del '40 è segnalato come ostile al Regime dal Prefetto del Carnaro, dove risiede. Gli viene revocata la cittadinanza italiana.

Internato nella penisola a partire dallo stesso mese di ottobre, conosce il campo di concentramento di Campagna (SA), quello di Ferramonti di Tarsia (CS) e il comune di Grado (GO). 

Nel dicembre ’42 entra in Provincia di Pesaro, ad Apecchio. Qui nell'ottobre dell’anno seguente rinnova l’immatricolazione per Soggiorno stranieri in Italia. Vi si annota che è entrato nel Regno (senza data) a scopo di lavoro quale autista. Durante l’internamento ad Apecchio è ricoverato più volte in ospedale, sia a Pesaro che a Città di Castello (PG), benché la scelta di un’altra provincia venga criticata dal questore in quanto non autorizzata preventivamente dal Ministero.

Risulta sussidiato fino al 3 dicembre '43 quando viene arrestato e incarcerato a Cagli (PS) assieme al correligionario Giorgio Gottesman.  Il 17 marzo '44 tre partigiani guidati da Leopold Verbovsek irrompono nell’edificio per liberare i reclusi dopo aver ricevuto un appello da parte loro. Tra i liberati si contano sei internati, di cui due ebrei - lo stesso Bianchi/Weisz e Jacob/Giacomo Schkolnik - e quattro montenegrini. 

La GNR di Cagli segnala all'omologo presidio di Pesaro che irrompono nella prigione "due sconosciuti armati moschetto et pistola", mentre "altri sconosciuti rimasero guardia portone ingresso carceri... altri infiltravansi nascosti adiacenze abitato", uomini che si ritiene facciamo parte "delle bande ribelli infestanti zona". 

Sull'azione di quella notte si vedano la scheda del partigiano autore dell'irruzione, Leopold (Poldo) Verbovsek, e quanto detto per J. Schkolnik.

Dopo la fuga, Bianchi resta con i partigiani fino a luglio '44 quando giungono gli alleati con i quali ben presto raggiunge Roma e si stabilisce nel campo profughi di Cinecittà. Di qui l’8 gennaio ’45 presenta un’istanza al Ministero dell’Interno al fine di ottenere gli arretrati del sussidio, pertanto ripercorre le tappe del suo internamento in un'autodichiarazione in cui le due località di Ferramonti e Grado sono elencate nell’ordine inverso rispetto alla scansione che compare nel database di Anna Pizzuti.

Restano dubbi sull’ordine effettivo anche sulla base di quanto scritto in altre fonti. La moglie Rosa infatti gli scrive il 1° settembre '42 indirizzando a Ferramonti. Dice di trovarsi in vacanza con il piccolo Aldo, con ogni probabilità il figlio, il quale gli manda "tanti bacini". Rosa afferma che le manca Trieste, dove presto andrà, e le manca il marito. Lo informa che le suppellettili di casa sono state tutte spedite a Fiume, incombenza che le crea qualche preoccupazione. Gli esprime poi rammarico per la loro separazione e lo invita a scrivere ad alcune persone, fra cui "papà" e altre che non nomina esplicitamente. 

Nel marzo '45 il nome  di Weisz è associato a quelli di E. Winter, M. Z. Hantwurcel, K. Schwarz e L. Scharfberg per la verifica da parte di prefettura e questura del periodo di internamento subito in Provincia di Pesaro, senz'altro per ottenere risarcimenti o la proroga del sussidio.