Scheda

Moscati Anselmo



Didascalia:

Dalla scheda segnaletica della Questura di Pesaro del luglio '41.

 

Famigliari compresenti: seconda moglie e figlia conviventi
Coniugato/a con: Di Nepi Ester
In Italia a: Roma
Percorso di internamento: C. di c. di Gioia del Colle (BA) dal 15/8/'40 ai primi di gennaio '41; c. di c. di Isola del Gran Sasso (TE) dal '15/1 al 7/7/'41; Sassocorvaro (PS) dal 9 luglio a settembre '41; Macerata Feltria (PS) dal 20/9/'41 e ancora presente il 3/2/'43; Cagli (PS) presente il 15/3/'43. Prosciolto nel luglio/agosto '43.
Ultima località o campo rinvenuti: Cagli (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti: ASP; EMF; Car; ASCS; M/M; ASCMF; Ter; Mpez; LDM.
Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

Era rappresentante di commercio e commesso, viveva a Roma e risulta che avesse sei figli. Nel giugno del '40 la questura della capitale sottolinea come dato negativo che non è mai stato iscritto al PNF e lo definisce "Ebreo, repubblicano, ancora attaccato ai suoi principi". Nel contempo lo include nell'elenco degli ebrei romani (n.29) da internare in caso di emergenza in quanto "repubblicano-antifascista".

Moscati viene mandato al Sud dove conosce due campi di concentramento, quello di Gioia del Colle (BA) e quello di Isola Gran Sasso (TE). Dopo circa un anno, nel luglio del '41, è trasferito in Provincia di Pesaro, inizialmente a Sassocorvaro, e la questura provinciale avverte il podestà che il nuovo arrivato è "di idee repubblicane, di sentimenti contrari al regime e capace di svolgere attività disfattista."

Due mesi dopo, trasferimento a Macerata Feltria, stessa provincia, per una permanenza decisamente più lunga: circa un anno e mezzo. Qui, nel prospetto dei sussidi erogati agli internati nell’agosto '42, compaiono anche la moglie e la figlia conviventi, ma non si riporta il loro nome. Moscati era vedovo di Ester Di Nepi, poi coniugato con Grassi Palmira.

Il 30 dicembre ’42 una segnalazione dei carabinieri locali segnala l'eccessiva familiarità di Anselmo con gli altri internati proprio a causa della lunga permanenza nel comune. Tali legami e l’assiduità con persone al di fuori della cerchia famigliare vengono stigmatizzati dai superiori, per cui l'accusato è diffidato a non ricevere nessuno in casa propria, neppure per offrire “un boccone” ai compagni poveri. Il sospetto è che, trovandosi insieme, “il discorso cada sulla politica, con espressioni non certo favorevoli al Regime”.

La questura ha poi il sospetto che la signora Moscati si presti ad aiutare gli internati dei paesi vicini recapitando corrispondenza e denaro per loro conto. Il mese seguente pertanto dispone il trasferimento invocato dalle forze dell’ordine, ma all'interno della stessa provincia. La nuova sede sarà Cagli. Qui per guadagnare qualcosa l’internato ripara penne stilografiche.

Dopo la revoca ottenuta nell’estate ’43 in base alle misure del Governo Badoglio, l'internato ritorna a Roma. Ben presto però, per l'esattezza il 2 settembre seguente, dopo aver comunicato l’intenzione di recarsi a Macerata Feltria, si rende irreperibile e la polizia romana lo cerca inutilmente nel territorio marchigiano.

Intanto si avvicina la tragedia di Roma e pure la tragedia familiare. Il 16 ottobre ’43 la figlia Maria - di Anselmo e della prima moglie, Ester Di Nepi - viene catturata nella capitale con il marito Alberto Limentani, i figli Cesare del ’39, Rosa del ’41, i genitori del marito, Israele e Rosa Spizzichino, e due fratelli dello stesso Alberto. Tutti deportati e uccisi, come leggiamo nel Libro della memoria.

Per i rapporti di parentela dei Limentani con i Di Porto si veda la scheda di Vitale Di Porto.