Scheda

Rabà Lanciotto Vittorio



Famigliari compresenti: figlio
Coniugato/a con: Sarti Emma
In Italia a: Livorno
Percorso di internamento: C. di c. di Gioia del Colle (BA) dall'8/9/'40 all’1/1/'41; Melfi (PZ) dall’1/1 al 5/6/'41; Sant'Angelo in Vado (PS) dal 7/6/'41 al 30/7/'43, data della revoca. 
Ultima località o campo rinvenuti: Sant'Angelo in Vado (PS)
Deportato:
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti: ASP; Car; Ter; Cru; ASCSAINV; ETos; Com.ELI; LDM; YV; ASCLI.
Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

Nel certificato di nascita di Rabà Lanciotto Vittorio, risalente al 1888, si dice che il padre era scultore e viveva con la moglie Giuditta, casalinga, in via del Tempio a Livorno. Tale strada era nei pressi della Sinagoga pur senza appartenere a un ghetto, visto che Livorno fu una delle pochissime città italiane a non averne istituito alcuno.

A controfirmare l'attestazione di nascita - dove si legge la formula d'uso "dispensasi il dichiarante dal presentare il bambino per ragione igienica" - sono il segretario comunale che redige l'atto, il padre Abramo e due concittadini, un venditore ambulante e un merciaio. E anche Lanciotto diventa il cosiddetto "ebreo di piazza" che sopravvive grazie al suo banchetto con la mercanzia, posto fuori del mercato coperto.

Nell'agosto del '40 il prefetto lo segnala come ebreo antifascista che dopo l’emanazione delle leggi razziali ha assunto un atteggiamento ostile. Al pari di quanto accade ad altri correligionari di Livorno che fanno il suo stesso mestiere, viene allontanato dalla città al momento dell'entrata in guerra dell'Italia, come si può vedere per Bueno Sirio.

Anche il figlio di Lanciotto, Renzo, subisce l'internamento.

Inizialmente Rabà Lanciotto è inviato nel campo di concentramento di Gioia del Colle (BA) e di qui trasferito nel comune di Melfi (PZ). In una lettera egli accenna anche a Ruvo del Monte (PT). 

Giunto in Provincia di Pesaro nel giugno '41, viene destinato a Sant'Angelo in Vado e resta nello stesso comune per due anni. Nei rendiconti dei sussidi percepiti in tale località risultano anche diversi periodi di ricovero nella locale infermeria: da settembre a novembre '41, da febbraio ad aprile '42, nel maggio dello steso anno. Nel luglio seguente, dopo una licenza,  è ricoverato nel centro sanitario di Pratolino (FI). Eppure in quel momento il medico provinciale lo giudica idoneo al campo di concentramento.

Dopo una nuova visita medica, nel marzo ’43 l'internato viene ricoverato a Urbino. Il mese seguente, Lanciotto indirizza una cartolina postale al Primario dell’ospedale di Livorno, dott. Gerini, qualificandosi come internato civile a Sant’Angelo in Vado con domicilio in Corso Garibaldi. La cartolina ha il bollo del comune e senza dubbio è stata requisita, trovandosi nel fascicolo dell'internato presso la questura di Pesaro.

L'erogazione del sussidio cessa ufficialmente il 2 agosto '43 a seguito di revoca, sulla base delle disposizioni del Governo Badoglio. Il ritorno a casa conosce però una svolta drammatica come sappiamo dal Libro della memoria e da Ebrei in Toscana, citati nelle fonti pubblicate.

Lanciotto viene arrestato a Lucca il 20 novembre '43, recluso nel campo di Bagni di Lucca e poi nelle carceri di Firenze e di Milano. Di qui è deportato il 30 gennaio '44 e ucciso all'arrivo ad Auschwitz il 6 febbraio '44. Il suo passaggio alla stazione di Milano, che vide l'avvio della deportazione per 774 ebrei, è testimoniato nel Muro dei nomi del Memoriale della Shoah di Milano.