Scheda

Zac (Zack) Bassia



Didascalia:

Fotografia conservata nel fascicolo personale presso l’Archivio di Stato di Pesaro.

Famigliari compresenti: /
Coniugato/a con: Beck XXX
In Italia a: /
In Italia da: Lubiana, Jugoslavia
Percorso di internamento: Urbania (PS) dal 17/12/'41 al 4/12/'43 quando tenta la fuga. Rintracciata, resta internata a Urbania fino al 15 settembre '44.
Ultima località o campo rinvenuti: Urbania (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti:

ASP; ASCU; ASCU2; A1; A2; Doew; Bad.


Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

E' munita di passaporto che le è stato rilasciato il 30 agosto 1938 a Vienna, città nella quale risiede o dalla quale transita prima dell'internamento.

In Arolsen Archives la sua nazionalità è detta tedesca.

E' conservato il foglio di via, firmato dal questore di Lubiana, Ettore Messana, datato 12 dicembre 1941, con il quale la stessa viene espulsa dalla Jugoslavia dove forse si era rifugiata.

Nei documenti conservati presso l'archivio storico del comune di Urbania in Provincia di Pesaro, sede del suo internamento, è chiamata Zac Bassia Beck. Vi giunge il 17 dicembre '41 con Ludwig Stiassny da Lubiana e pare che ne sia venuta via da sposata con lui. In realtà, benché alloggino nello stesso albergo - il "Bramante" - sono definiti entrambi "soli" e percepiscono un distinto sussidio per l'alloggio.

Bassia riceve aiuti finanziari dalla Delasem di Genova, di Nonantola e di Venezia (sez. femminile). Dalla sua corrispondenza, seppure saccheggiata dalla censura e dunque frammentaria, ricaviamo preziose notizie.

Appena giunta nella sede che le è stata destinata, scrive a Enrico Loewinger (Löwinger) a Lubiana. “La gente qui è gentile” dice, “fanno del loro meglio. Io però mi trovo sperduta, cercherò se posso, andarmene in qualche altro luogo. Ciò che volete sapere, il male non sta nell’essere confinati, bensì di capitare in un qualsiasi paese dove si impazzisce dalla noia e dal non sapere cosa fare, ci si dispera. Io, Stiassni ed ancora due altri signori siamo tutti qui. In ogni caso rimanete dove siete più a lungo possibile.”

Nel gennaio '42 gli invia un’altra lettera dalla quale si ricava che Loewinger e famiglia stanno per essere internati nel nord d’Italia e lei gli suggerisce, se non si troverà bene, di chiedere il trasferimento a Ferramonti di Tarsia dove lei stessa e “il sig. Stiassni” hanno chiesto di andare. La ragione è di natura finanziaria: per vivere in un paese bisogna provvedersi anche di un alloggio e il sussidio statale è insufficiente, pertanto una persona sola deve aggiungere di suo almeno 100 lire al mese. Nel campo di concentramento, invece, l'alloggio è fornito dalla struttura e dunque la vita è meno dispendiosa.

Bassia vive in albergo, ma la stanza è molto fredda e non è riscaldabile. “Sempre a letto non si può stare”, osserva. Quanto alle persone con le quali ha a che fare, nota che la gente "è molto buona… anche le autorità ci vengono incontro”, scrive. Dopo aver salutato la moglie e i figli del concittadino jugoslavo ed essersi augurata di poter rimanere in comunicazione con loro anche in futuro, si rammarica per una comune conoscenza che le fa “molta pietà”, la famiglia Jakulowitsch, e fa un cenno a “tutti quei poveretti di Dragonici (o Dragovici)” che sono in viaggio sperando di migliorare la loro condizione, “oppure è vero che stanno tanto male lì”.

Riferimenti a situazioni di grande incertezza si colgono anche nello scambio postale con una famiglia di Vienna. La corrispondente è una studentessa che vorrebbe muoversi verso altri paesi europei, Italia e Francia, ma non sa se questo sarà possibile seppure per ragioni di studio. Le dice anche di averle mandato per posta un mantello. La informa poi di un comune amico che si trova in Belgio - il “sig. K.” - separato da sua madre di cui non sa più nulla da tre mesi, mentre il padre è già morto. Nel foglio trascritto dalla censura in una sommaria traduzione compare la firma "la vostra vecchia amica Hermina", e nell'intestazione si scrive che il mittente è Hermina Schwabel, Vienna.

Una donna che risponde a tale nome, dell'età di 70 anni, risulta deportata da Vienna a Theresienstadt, dove muore nel '43. Se si tratta della stessa persona, nella lettera a Bassia si sono alternate più mani, compresa quella di una giovane studentessa. 

In una busta, la Zac inserisce anche una lettera di Greta Preisch Hes la quale poi se ne scusa con il destinatario Loewinger. Forse per l'irregolarità della spedizione, quest'ultimo ha avuto problemi con le autorità.

Nel maggio '42 Bassia scrive più volte a Felix Blumenfeld, internato nel campo di Ferramonti; in luglio e agosto a Kohn Fritz - che a Spalato abita in Avenue Mussolini - e di nuovo a Enrico Loewinger, ora internato ad Aprica (SO); su tale località si veda anche la vicenda di Zora Bijelic

In agosto la Zac indirizza posta al Consolato generale tedesco a Milano. L'anno seguente, in data 29 ottobre '43, le viene recapitato un messaggio attraverso la rete della Croce Rossa internazionale - inglese e svizzera - da parte di Ivo Zack, un suo congiunto che spedisce da Gerusalemme  e scrive in tedesco. Il contenuto dal tono familiare lascia trasparire un lavorio dietro le quinte per la salvezza. Questa la traduzione: "Siamo molto contenti del tuo messaggio. Attualmente impossibile fare nulla. Siamo tutti in buona salute. Come anche gli altri nostri parenti. Scrivo spesso lettere attraverso la Croce Rossa. Cari saluti".

Il trasferimento a Ferramonti di Tarsia (CS) non avverrà né per lei né per Stiassni. E come l’amico Enrico Loewinger che fugge in Svizzera – dal database di A. Pizzuti sappiamo che è già nella confederazione elvetica il 12 settembre ’43 – anche loro tentano la fuga. Lo faranno il 4 dicembre ’43 per evitare l’arresto. Con loro si sono allontanati dalla sede di internamento Greta Preisch Hes, Paolo Schwarz e Lazzaro Werczler.

Bassia viene rintracciata e di nuovo internata  nella stessa sede dove resterà fino al 15 settembre '44. Non sappiamo se conosca un periodo di carcere. Ben più tragica la sorte di Stiassny e di Werczlar.