Scheda

Zaraya Laura



Didascalia:

Laura Zaraya nel 1942 a Shijak, Albania, poco prima di raggiungere Sant'Angelo in Vado. USC Shoah Fondation.

Famigliari compresenti: marito e due figli
Coniugato/a con: Abinum Ika
In Italia a: Sant'Angelo in Vado (PS)
In Italia da: Shijak, Albania
Percorso di internamento: Sant'Angelo in Vado (PS) dal 2/2/'43 al 2/12/'43, giorno della fuga.
Ultima località o campo rinvenuti: Sant'Angelo in Vado (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Firenze; San Paolo del Brasile.
Fonti:

ASP; A1; A2; ASCCast; Geni; YV, S. Fond.


Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:

 Presso l’Archivio di Stato di Pesaro su di lei non c’è fascicolo ma è presente quello del coniuge Abinum Ica che viene internato in Italia nel dicembre 1941 con un folto gruppo di ebrei jugoslavi provenienti da Spalato. 

Laura, che è di origine greca, viveva a Belgrado con il marito e i due figli, Giovanni e Violetta. I suoi genitori intanto si erano trasferiti a Skopje. L'occupazione tedesca e italiana rende la situazione estremamente pericolosa. Sappiamo dalla preziosa testimonianza resa nel 1998 all’USC Shoah Fondation Institute Visual History Archive dal figlio Giovanni (che ora si chiama Michel), che la madre fa di tutto per salvare se stessa e i suoi bambini dai continui pericoli, dimostrando grande coraggio e spirito di iniziativa. Questo fino al giorno in cui può lasciare l'Albania (Shijak) dove sono stati internati, imbarcarsi a Durazzo e riunirsi al marito in provincia di Pesaro. 

Laura ha con sé un lasciapassare per l’Italia della polizia italiana presso il Regno d’Albania, datato 23 gennaio ’43, in cui si dice che sulla base di telegramma del Ministro dell’Interno occorre agevolare il transito per l’Italia di madre e figli. Sapremo dall’intervista del figlio Giovanni che per tale concessione sarà determinante l’aiuto di una persona conosciuta a Castellamonte da Ico Abinum. 

La nuova sede d'internamento per la famiglia è Sant'Angelo in Vado. Nella diffida firmata da Laura Zaraya il 2 marzo '43 in presenza del podestà, le si prescrivono le regole da rispettare come internata. La circolazione è consentita solo entro l'abitato e lungo la circonvallazione in un tratto ben delimitato, l'appello quotidiano è fissato alle ore 12. Il resto ricalca le regole comuni a tutti gli internati; il trasgressore rischia il trasferimento in colonia insulare. 

Originaria di Salonicco, Laura ha studiato francese e italiana, lingue che parla perfettamente. Lo vediamo anche dalle richieste che rivolge per iscritto alle autorità. In aprile '43 chiede al questore il permesso di recarsi con il marito nel capoluogo per consultare un oculista e comperare indumenti estivi per i loro bambini. Due note a penna sul testo: “Bisogna contenere questo continuo afflusso di internati nel capoluogo” e poi: “Occorre che venga a Pesaro anche perché non esistono in atti i rilievi foto-dactiloscopici.” Il mese seguente, qualificandosi internata civile di guerra come il coniuge, Laura chiede di poter fare, assieme a lui, dei bagni di sole al fiume Metauro per curare dolori di tipo reumatico. 

Il 25 agosto '43, con il governo Badoglio, troviamo un'istanza al Ministero dell'Interno di tono ben diverso: Laura Zaraya fa presente che è venuta in Italia di “propria spontanea volontà” e con un viaggio da Shijak (Albania) a proprie spese insieme ai figli. E benché la questura di Pesaro la consideri internata, chiede di essere dichiarata “giuridicamente libera ed unicamente vivente insieme coi propri figli col marito Ica internato civile.” 

E' noto che a Shijak esisteva un campo di concentramento sotto controllo italiano e pure che la popolazione albanese non manifestò la minima ostilità nei confronti degli ebrei, dato confermato dal figlio Giovanni-Michel, oltre che da studi recenti. 

Non abbiamo risposta alla domanda presentata a Roma dall'interessata, ma di fatto la condizione di internata permane perché nelle due istanze successive Laura si dichiara ancora internata civile di guerra. E del resto a tale titolo riceve il sussidio statale al pari dei figli. Il 10 settembre compare la richiesta di potersi recare a Pesaro con il marito, sempre a proprie spese, e di nuovo il 27 ottobre '43 per consulto medico. Ormai si è insediata la RSI. La questura il 29 ottobre autorizza il viaggio, specificando però che non si deve concedere neppure la riduzione ferroviaria. 

Dai documenti conservati in archivio a Pesaro risulta che gli Abinum vivano a Sant’Angelo in Vado - in casa privata - fino al 2 dicembre ’43 quando si rendono irreperibili, punto che non collima con l’intervista di Michel dove la fuga è collocata a ottobre. Ma la corrispondenza sopracitata dimostra che a tutto ottobre la famiglia è sicuramente in paese. 

Le forze dell'ordine sono sulle loro tracce e su quelle di altri due ebrei della zona che si sono resi irreperibili. Il capo della provincia il 21 dicembre informa il Ministero dell'Interno che la fuga avvenne allorché Ika Abinum ebbe “sentore dei provvedimenti nei confronti degli internati appartenenti alla razza ebraica.” 

Le ricerche fino a quel momento hanno dato esito negativo. Il rintraccio coinvolge il territorio di Firenze, come ricaviamo da nota della questura fiorentina che alla data del 24 gennaio ’49 chiede se gli Abinum siano ancora ricercati!

Da ricerche successive e dall’intervista di Giovanni-Michel veniamo a sapere che dopo la fuga e dopo un periodo di latitanza in montagna con i partigiani, la famiglia approda a Perugia e qui vive la Liberazione nel giugno '44. Dal 1945 al dicembre '47 è a Roma, dopodiché emigra in Francia. Nel novembre 1950 lascia l'Europa per la Bolivia e nel '53 si trasferisce definitivamente a San Paolo del Brasile dove Laura muore nel 1961. 

Presso l’archivio di YV troviamo un gran numero di Zaraya di Salonicco deportati e uccisi nei campi di sterminio nazisti numerosi, come pure alcuni di Skopije e altri originari di Salonicco e residenti a Marsiglia, ma non è stato ancora possibile stabilire con certezza i legami con Laura. La trascrizione della intervista di Michel da cui emergono anche i riferimenti alle vittime della Shoah in famiglia, si può vedere nella seconda parte della scheda di Ica Abinum.