Scheda

Bijelic Zora



Famigliari compresenti: figlio
Coniugato/a con: Wilczek Hans (Giovanni)
In Italia a: Sussak (Fiume, ora Croazia)
In Italia da: Zagabria
Percorso di internamento: Pennabilli (PS) dal 4/3/'42 fino all'inizio del '43 quando è trasferita prima nel territorio di Treviso, poi in quello di Sondrio (Aprica). Fuga il 28 ottobre '43.
Ultima località o campo rinvenuti: Treviso
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Svizzera
Fonti:

ASP2; A2-b.43; Alan; ASFiume; Bad.


Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:

Presso l’Archivio di Stato di Pesaro su di lei non c'è fascicolo, mentre è presente un copioso incartamento presso l’Archivio Centrale dello Stato.

La Bijelic presenta il suo caso in una lettera autografa al Ministero dell’Interno inviata da Sussak (Fiume) nel settembre ’41. Prima di giungere in città si trovava a Novi, sul litorale croato, assieme al figlio Miroslav. Precisa che entrambi sono muniti di passaporto della durata di sei mesi, rilasciato dalla polizia di Zagabria il mese precedente e valevole per un viaggio di andata e ritorno in Italia e Germania, mancante però del visto consolare italiano. Lei intende avvicinarsi al marito Hans Wilczek, capitano dell’ex esercito jugoslavo, prigioniero di guerra nel campo di concentramento di Vestone, Provincia di Brescia, e auspica che le “alte gerarchie italiane” dimostrino “quella umanità e quella comprensione che specialmente in questi ultimi tempi hanno manifestato in modo significativo verso il popolo croato.”

E' comprovato che a Vestone durante i primi tre anni del Secondo conflitto mondiale la locale caserma venne usata come campo di raccolta dei prigionieri di guerra jugoslavi. Poi dal 1943 al '45 fu sede della Guardia Nazionale Repubblicana della R.S.I. 

Il Prefetto del Carnaro per parte sua, due mesi dopo (29 novembre) scrive alla Direzione generale P.S. del Ministero dell'Interno per fornire il proprio parere in merito. Sottolinea che il marito della richiedente è come lei “di razza ebraica”, e ritiene che lo scopo dichiarato dalla Bijelic di volersi avvicinare al coniuge nasconda quello reale “di sottrarsi ai pericoli della nota situazione in Croazia”, per questo la donna aveva lasciato il domicilio di Zagabria per Sussak, dov’era giunta il 25 luglio ’41. In conclusione il prefetto ne propone l'internamento con il figlio “in località non militarmente importante, lontana da questa provincia”.

L’interessata, che a Sussak ha domicilio presso il dott. Lenac, insiste nella sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno ormai scaduto, per poter risiedere “in qualunque località del Regno d’Italia” fino al momento in cui potrà avvicinarsi al marito. In questo si fa appoggiare da persone influenti come “Donna Assunta Girardi” di Napoli, la quale prega gli alti funzionari del ministero di venire incontro alla questuante.

Nel marzo ’42, Zora (Susanna) Bijelic e il figlio minorenne Miroslav Wilczek giungono in Provincia di Pesaro, a Pennabilli, dove l’internata fa richiesta del sussidio statale anche per il congiunto. Interpellato in proposito, il Prefetto di Fiume sostiene che al momento dell’internamento lei disponeva di lire 30 mila. Nel frattempo sono passati quasi cinque mesi e l’internata nel rendere conto di tale somma cospicua, afferma che il denaro - una cifra inferiore a quella dichiarata dalle autorità - le è servito per vivere in quel lasso di tempo a Pennabilli, oltre che per cure mediche e per l’invio dell’occorrente al marito prigioniero da oltre due anni.

Un residuo è depositato in un libretto bancario, lo stesso su cui in agosto verrà versata da terzi una somma di denaro pari alla precedente. Così, la questione viene riaperta e il sussidio è sospeso. E' significativo che il libretto bancario sia custodito “dall’ufficio comunale”.

In un'istanza precedente Zora faceva notare di non conoscere se non sommariamente la lingua italiana, e siccome era l’unica internata jugoslava a Pennabilli viveva molto isolata. Anche per questa ragione aspirava ad essere trasferita al Nord dove alcuni congiunti si trovavano internati.
In realtà alcune lettere sono scritte in un italiano perfetto, nella forma della richiesta ufficiale su carta da bollo. Anche quella appena citata, rivolta al Ministro dell’Interno nel giugno ’42, è ben scritta. Il testo si conclude così: “Consideri, vostra eccellenza, quale sia il dramma di una donna ammalata, sola in paese straniero, del quale ignora la lingua, internata e lontana da parenti e amici, ai quali un semplice provvedimento amministrativo potrebbe unirla.”
Dunque è evidente che qualcuno l’aiuta nella stesura delle istanze. In quel momento a Pennabilli è presente Arturo Ball, di professione ragioniere, il quale come ricorda Giacomo Aboaf si prestava a scrivere la corrispondenza per gli internati che avevano difficoltà con la lingua. Potrebbe essere sua la mano anche nel caso presente.
Nel novembre '42, Zora compare nel censimento degli ebrei a Pennabilli con suo figlio Miroslav e altri cinque correligionari: G. Aboaf, A. Ball, M. Linser e il coniuge K. Schwarz e M. L. Ryza.
Dalle figlie di Laib Riza l'internata è ricordata lucidamente anche a distanza di oltre  sessant'anni.

Nel frattempo Zora riesce a evitare un trasferimento a Macerata Feltria (PS) e insiste per lasciare la Provincia di Pesaro. Ribadisce la richiesta di essere inviata al Nord o in subordine in Toscana per avvicinarsi all'unica sorella, Zlata Bijelic in Spiller, che vive a Montepulciano. In tale richiesta si fa appoggiare anche da un ammiraglio italiano.

Infine ottiene quanto richiesto: viene trasferita in Provincia di Treviso. In Arolsen Archives risulta la sede di internamento "Treviso" alla data del 20 maggio '43 sulla base di lettera del ministero dell'Interno.

Poi viene internata con il figlio ad Aprica (Sondrio). Si verificano diversi i tentativi di fuga come sappiamo anche da un telegramma di ricerche partito dalla Questura di Treviso per Fiume. Vi si dice che gli ebrei stranieri Bijlo Zora di Colomanno e il figlio Miro si sono allontanati arbitrariamente dalla località di internamento; il Questore di Treviso dispone che prima di rimandarli nel comune di internamento siano accompagnati nel suo ufficio.

Finché il 28 ottobre ’43 madre e figlio sono nella Confederazione elveticaIl loro espatrio si può collegare alla vicenda degli oltre 200 fuggiaschi aiutati da sacerdoti e carabinieri a lasciare Aprica e ad attraversare il confine dopo l’armistizio, a partire da settembre ’43. Nel gruppo c'era anche una Spiller, che potrebbe essere la congiunta della Bijelic di cui sopra. 

Per ulteriori notizie e testimonianze si rimanda alla scheda del figlio Miroslav Wilczek.