Scheda

Dewidels Egon



Didascalia:

Dalla scheda segnaletica della Questura di Pesaro del maggio '42.

Famigliari compresenti: /
Coniugato/a con: /
In Italia a: Genova
In Italia da: Vienna
Percorso di internamento: Agnone (CB) dal 4/7/1940; presente nel c. di c. di Alberobello (BA) il 30/12/1940; presente nel c. di c. di Campagna (SA) nel maggio 1941 e ancora a fine settembre; Forino (AV) fino a maggio 1942; Sant'Angelo in Vado (PS) dal 29/5/1942 al 3/12/1943 quando tenta la fuga. Ripreso, è incarcerato a Urbino fino al 10/1/1944, poi di nuovo internato a Sant'Angelo in Vado fino al 15/9/1944. 
Ultima località o campo rinvenuti: Sant'Angelo in Vado (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Roma
Fonti:

ASP; A1; A2; Fcr; ASCMF; ASCSAINV; CS; Bib.B; GewG; YV; ACGP.


Presente fasc. in ASP: s�
Profilo biografico:

Era ingegnere e agricoltore diplomato, con studi in scienza della nutrizione. Aveva domicilio a Vienna.

Nel 1940 si trova a Genova e di qui nel luglio viene internato. Inviato inzialmente al Sud, conosce i campi di concentramento di Alberobello e Campagna.

Quando si trova in quest'ultima località esibisce due attestazioni professionali tradotte nell'ottobre 1940 da un interprete accreditato, il dr. Egon Lehner Bolzani che risiede a Vienna. La prima gli era stata rilasciata nel 27 febbraio 1939 dalla Corporazione degli Agricoltori del Reich, sezione di Leibnitz in Austria. Vi si dice che in tale territorio, per tre anni, l'ingegnere Egon Dewidels gestì personalmente la conduzione di 40 jugeri di terreno coltivato a viti, con stalla e frutteto, migliorando notevolmente la produzione grazie al suo sistema di irrigazione e alla concimaia. La seconda specifica che l'attività condotta dal 1935 al 1938 a Gamlitz (distretto di Leibnitz) ha dato ottimi risultati nella produzione di frutta e nella viticoltura.

Forte di tali certificazioni, Egon si rivolge nel maggio 1941 al Ministero dell'Agricoltura e Foreste a Roma offrendo le proprie competenze, specie in merito alla lotta contro la peronospera. In ciò si fa raccomandare dal vescovo Palatucci il quale scrive che non ha senso "lasciarlo qui nell'inerzia dell'internamento" quando potrebbe rendersi utile per l'economia nazionale. Giunge però al prelato una lettera del Capo di Gabinetto in cui si dice in sostanza che non è arrivata nessuna istanza da parte dell'internato Dewidels.

L'interessato comprende la situazione. Scrive dunque ancora a mons. Palatucci che ormai la lotta alla peronospera sta per finire (siamo a luglio) e del resto gli risulta che il Ministero degli Interni abbia rifiutato persino l'offerta di un internato che si prestava ad aiutare nel settore di sua competenza, l'ortopedia di guerra. Vorrebbe a questo punto essere trasferito in internamento libero, in un comune dove possa mettere a frutto le sue competenze tecnico-scientifiche in agricoltura. In Germania ha dei disegni di apparecchi polverizzatori da lui progettati capaci di far guadagnare tempo e risparmiare materiale nel lavoro.

Anche il medico del campo di concentramento, dott. Buccella, lo appoggia, come emerge in altre due lettere a mons. Palatucci. Dewidels chiede di essere trasferito in località a clima mite, possibilmente dell'Italia Centrale. Fa presente che per ragioni di salute avrebbe bisogno di fare bagni caldi e di alimentarsi con frutta e verdura. Sul piano intellettuale vorrebbe andare in un luogo in cui esista una biblioteca o magari ci sia modo di mettersi in relazione con centri di coltivazioni sperimentali. Dice pure che se potesse spostarsi verso il Centro gli piacerebbe visitare almeno una volta Assisi, città legata al santo da lui "tanto venerato". Nel settembre 1941, sottoposto a visita da parte del medico provinciale, è certo che presto sarà trasferito e di questo ringrazia caldamente mons. Palatucci.

Dopo poco meno di due anni dall'inizio dell'internamento, l'ingegnere giunge in Provincia di Pesaro dove resterà altrettanto tempoGli viene assegnato il comune di Sant’Angelo in Vado, centro agricolo in cui troverà ben poco di ciò che si aspettava. E per poter leggere qualcosa di interessante si rivolge alla Chiesa evangelica svizzera con sede a Genova. Da tale fonte nel maggio del 1943 riceve libri a carattere religioso - scritti in tedesco e in francese - che, essendo “in lingua estera”, vengono trattenuti dai carabinieri locali in attesa dell’approvazione del Ministero dell'Interno. Oltre a titoli come La crisi dell’intelligenza e la Vita di Lutero, troviamo una Storia della Chiesa, un Avviamento allo studio della Bibbia e altro ancora.

Per una via piuttosto improbabile, egli cerca di convincere le autorità che la sua origine è in parte non ebraica in quanto gli è stato confidato che sua madre, ora deceduta, era la figlia naturale del secondo marito della nonna materna, cristiana evangelica, e che questo secondo coniuge era “ariano”. Egon dice di essere stato battezzato nel 1905 “coll’età maggiorenne”, tuttavia si qualifica ripetutamente “non ariano”.

Nelle lettere conservate in archivio a Pesaro egli presenta come dato favorevole il fatto di essere stato combattente volontario per tre anni nella Prima Guerra Mondiale e di essere tuttora esperto in “nutrizione e vettovagliamento generale" o “per le masse”, titolo per il quale ha ottenuto riconoscimenti anche nel 1942 da parte di professori dell’Università di Berlino ai quali ha scritto dall’internamento. Il tema dell’utilità sociale delle sue conoscenze ritorna più volte.

Con l'ordine di polizia di Buffarini Guidi, ministro dell'Interno della RSI, anche gli ebrei internati si rendono conto del pericolo concreto di deportazione. Il 3 dicembre 1943 per evitare l’arresto Egon tenta la fuga da Sant’Angelo in Vado ma viene ripreso nelle vicinanze, a Pieve dei Graticcioli di Mercatello sul Metauro, dove anche gli internati Lewsztein e i coniugi Pacht si erano rifugiati grazie all'aiuto di Maria Storti e di don Augusto Giombini, il quale ultimo sarà ricordato per la sua partecipazione alla Resistenza. 

Durante il periodo del carcere, che va dal 7 dicembre ’43 al 10 gennaio 1944, l’erogazione dei sussidi è sospesa. Sui registri contabili comunali il periodo di reclusione è definito con la stessa formula usata per Lewsztein e Pordes: “trasferito nel campo di concentramento quale ebreo”.

Dal carcere di Urbino, il 16 dicembre 1943 Dewidels rivolge alla questura provinciale una lunga lettera. Sottolinea di essere stato recentemente ricoverato all’Ospedale S. Paolo di Sant’Angelo in Vado e fa presenti i problemi di salute in cui versa. Rimarca poi capacità professionali che mette a disposizione della comunità. Con la stessa lettera inoltra un esposto indirizzato al Ministro dell’Interno - con data 2 dicembre 1943, dunque scritto il giorno precedente la fuga - in cui domanda di essere mantenuto nel comune come internato e di non venire recluso in campo di concentramento.

Di fatto viene accontentato. Giudicato dal medico provinciale non idoneo al campo di concentramento, il 10 gennaio 1944 viene scarcerato e di nuovo internato a Sant'Angelo in Vado. Qui in precedenza aveva condiviso un periodo di internamento con la coppia Pajalic/Mrvos e il giorno stesso in cui esce dal carcere scrive una cartolina postale (mai consegnata) al capofamiglia Pajalic, che ora si trova a Macerata Feltria, per ringraziarlo della lettera ricevuta durante la reclusione. Gli si rivolge con grande deferenza chiamandolo "Egregio Signor Direttore" e gli comunica che il giorno seguente tornerà a S. Angelo in Vado “nelle medesime condizioni come prima”. Si rammarica poi per il fatto che una conoscenza comune, “il dottor Marco”, “purtroppo deve rimanere qui”.

Vladimiro Pajalic era direttore di banca, con domicilio precedente a Sussak. Marco è sicuramente Marco Pordes che resterà a lungo recluso. 

Abbiamo lasciato per ultimo un carteggio che dal Ministero dell’Interno giunge alla prefettura di Pesaro il 24 febbraio 1943. Si tratta di una lettera scritta in lingua tedesca dall’internato, diretta alla Polizia Segreta di Berlino e all’Ufficio tedesco “notizie e informazioni” di Roma, testo che il ministero ha revisionato e tradotto: è in tale versione italiana che giunge fino a noi. Probabilmente viene inoltrata al destinatario dopo tale verifica del contenuto.

Dewidels in realtà la riproduce almeno tre volte perché risulta anche un inoltro alla Chiesa evangelica tedesca a Roma affinché i religiosi lo appoggino nella sua richiesta di notizie, essendo “tormentato dal pensiero per il proprio padre e sua famiglia”.

Dewidels riferisce che il 22 giugno 1942 mentre si trovava a Sant’Angelo in Vado, aveva ricevuto da suo padre Alfred l’annuncio che entro 5 giorni sarebbe partito per Therensienstadt (Boemia) dove veniva trasferito, forse da solo o con le figlie-sorelle di Egon. In una delle lettere l’internato ha il dubbio che il trasporto riguardi anche suo fratello Arthur. E poiché dopo di allora non ha saputo più nulla, chiede informazioni sul “destino” dei suoi cari. Tutti quanti, dice, si trovavano a Prossnitz (oggi: Prostejow, Repubblica Ceca), Protettorato di Moravia, in via Ringplatz 19.

A causa del lungo iter della censura, l’istanza iniziale datata 29 ottobre 1942 è ancora da inoltrare ben quattro mesi dopo, come abbiamo detto sopra. Non sappiamo se l’internato abbia mai avuto risposta, ma una risposta c’è e la si può leggere negli archivi di Yad Vashem dove suo padre e le sue sorelle compaiono tra le vittime della Shoah, mentre il fratello Arthur (allora di anni 56) non risulta tra gli uccisi. In effetti, nel portale JewishGen, di Arthur Dewidels si dice che sopravvive a Theresienstadt, dunque tutta la famiglia vi era stata condotta e rinchiusa.

Il vecchio padre, Alfred Dewidels nato a Prostejow il 5/3/1860 e abitante nella via indicata dal figlio, aveva ottantadue anni quando il 30 giugno 1942 fu deportato dalla vicina Olomuoc al ghetto di Theresienstadt. Per lui esistono due schede ed entrambe lo dicono tradotto dal ghetto in diversi lager della morte e ucciso.

Sorte analoga per le figlie di Alfred e sorelle di Egon, Olga Dewidels in Hallmann e Lilly Dewidels in Blumberg. Quest’ultima, nata il 19 luglio 1984, è deceduta a Teresin il 25 luglio 1942. Olga, a quanto scrive Egon, nel 1942 aveva 45 anni. Nelle schede di Yad Vashem per le due sorelle mancano le generalità che noi possiamo qui specificare: sono figlie entrambe di Alfred ed Emma Winter. La madre Emma era morta in precedenza.  

Egon Dewidels rimane a Sant’Angelo in Vado fino al 15 settembre 1944 quando gli alleati gli mettono a disposizione i mezzi per raggiungere Roma.