Scheda

Goldberg Josef Israel



Didascalia:

Dalla scheda segnaletica della Questura di Pesaro del marzo '43.

Famigliari compresenti: moglie
Coniugato/a con: Amgyfel Riwka Sara
In Italia a: Milano
In Italia da: /
Percorso di internamento: C. di c. di Alberobello (BA) nel febbraio ’42; c. di c. di Ferramonti di Tarsia (CS) dal 14/7/’42 al 3 marzo '43 (Ferr); Cagli (PS) dall' 8/3 al 3/12/'43, quando viene arrestato. Scarcerato e di nuovo internato, il 30 dicembre ’43 tenta la fuga ed è nuovamente incarcerato. Liberato il 24/3/'44, viene internato a Sant’Ippolito (PS).
Ultima località o campo rinvenuti: Sant' Ippolito (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia:
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti:

ASP; A1; A2; Fcr; LDM; EFo; GCER; ASCC; Ar.ANPI; Ferr; Giu; Bad.


Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

Josef Israel era commerciante e aveva domicilio a Vienna. Conosce due campi di concentramento al sud, Alberobello (BA) e Ferramonti di Tarsia (CS), prima di giungere a Cagli in Provincia di Pesaro. Il trasferimento è ottenuto per ragioni di salute dopo oltre un anno di permanenza nei campi.

Durante questo periodo, la moglie Amgyfel Riwka era rimasta a Milano. Nel marzo ’43 lo raggiunge nel comune marchigiano dove dimorano in una casa privata del centro, in via Purgotti (presso Clelia Tornari).  A pochi giorni dall’arrivo, il podestà fa firmare a Josef la diffida per gli internati con le regole da seguire. Nel luglio seguente le  autorità pesaresi inviano al Ministero dell’Interno  il modulo, già compilato a Genova, del suo permesso di soggiorno come ebreo straniero. 

Il 3 dicembre, con le misure di Buffarini Guidi, i due coniugi vengono arrestati. Il rapporto dei carabinieri rimarca le pessime condizioni di salute di entrambi, pertanto la coppia viene scarcerata pochi giorni dopo e posta "in altro luogo idoneo" in attesa di essere inviata in campo di concentramento. Essi, si dice, vengono tenuti insieme "in quanto si assistono a vicenda e uno ha bisogno delle cure dell'altro". Tale precaria condizione fisica è attestata anche da un medico di Cagli il quale, nel far notare che Josef manca di un occhio e vede pochissimo dall'altro, sostiene che tanto per la moglie quanto per il marito “la permanenza in luogo chiuso e disagiato e la detenzione stessa con tutte le sue conseguenze emotive riuscirebbero certamente nocivi”.

Nonostante questi problemi, il 30 dicembre essi tentano la fuga. Vengono ripresi e a quel punto reclusi nel carcere mandamentale di Cagli.

In merito a tale permanenza è prezioso quanto emerge dal diario dell’internato Leopold Verbovsek, sloveno, che si era dato alla macchia per combattere contro il fascismo. Egli annota che il 15 marzo ’44 gli viene recapitata una lettera dei prigionieri, scritta in croato da uno di loro. Vi sono reclusi alcuni ebrei, degli inglesi e diversi jugoslavi, in prevalenza montenegrini. Chiedono di essere liberati con urgenza per imminente pericolo di cattura da parte tedesca. Leopold (Poldo) interviene due giorni dopo, 17 marzo, con un gruppo formato da sole tre unità. Dell’episodio abbiamo anche il resoconto di parte fascista.

La lista dei presenti, allegata alla memoria di Verbovsek, conta 18 persone, come si può vedere in dettaglio nella sua scheda. Una di queste è Mustur Vasilii il quale scriverà una sua memoria sui fatti. Alcuni reclusi non vogliono uscire, forse per paura, dal momento che Poldo è vestito da fascista e armato vistosamente. Lui scrive infatti che qualcuno preferì restare in carcere "con la sua roba". Gli ebrei liberati, dice, sono tre – ma fa solo il nome di Schkolnik - e gli  jugoslavi  cinque. Fra coloro che non sembrano fuggiti ci sono anche i Goldberg, anche se un ulteriore riferimento a "ebrei anziani" molto preoccupati per le loro valigie, delle quali si occuparono i montenegrini, lascia aperti dei dubbi.

Nel carteggio intestato a Verbobsek e conservato presso l'ANPI di Pesaro è presente la lista in lingua slava dei 18 carcerati di Cagli (l'originale si trova presso il Museo della Liberazione di Lubiana) in cui il nome della moglie di Goldberg è scritto Rosenfeld anziché Amgyfel.

Mustur scrive che anche l'ebreo Giorgio Gottesmann rimase in cella dopo essere uscito con gli altri. Questo avvenne perché era tornato indietro a riprendersi le scarpe e quando scese sentì dei colpi di moschetto in strada ed ebbe paura. Con lui restò recluso anche un altro ebreo, Pokorni Pavel. Tale incertezza fu loro fatale. Pavel e la moglie - che si trovava a Cagli - furono deportati. Per Gottesmann, come diremo alla fine, la sorte sarà altrettanto tragica. 

Per parte sua, il rapporto della  GNR di Cagli all'omologo presidio di Pesaro registra l’evasione di sei internati, quattro slavi e due ebrei (Bianchi/Weisz Ervino e Schkolnik Jacob).

Da altre fonti ricaviamo che i Goldberg restano reclusi fino al 24 marzo '44 quando sono liberati: lui per ragioni di salute e lei perché pur essendo giudicata idonea al campo di concentramento è necessaria per assistere il marito. Da notare che a causa degli eventi bellici, quel giorno le autorità avevano deciso comunque di sgomberare la città di Cagli dagli internati. 

Dopo la scarcerazione, Josef e la moglie vengono trasferiti a Sant'Ippolito, stessa provincia. Nel registro di Protocollo del comune di Cagli, anno 1944, alla data del 12 aprile  si registra la trasmissione d'ufficio, da Cagli al commissario prefettizio di Sant'Ippolito, del "passaporto estero" dell'internato Goldberg Josef Israel.

Nel nuovo comune, il 27 marzo nuovo verbale di diffida firmato dal nostro. C’è ancora traccia dei due coniugi quando le autorità del piccolo comune chiedono ai superiori provinciali il rimborso delle spese di viaggio e di trasporto sostenute nel trasferimento da Cagli poiché, dati i tempi e in mancanza di mezzi ordinari, i due internati dovettero noleggiare un calesse. Tale carteggio burocratico, che porta la data del 15 maggio ‘44, è l’ultimo documento d'archivio in nostro possesso prima della tragedia. 

Ma occorre tornare ancora all'episodio del carcere. Il messaggio dei prigionieri era stato recapitato a Verbovsek dalla moglie di un partigiano del posto, Samuele Panichi, il quale doveva conoscere personalmente i Goldberg essendo questi vissuti a Cagli per diversi mesi nel '43. Nelle sue memorie Samuele fa riferimento alla fuga dei due coniugi, che potrebbe essere quella del 30 dicembre ’43, seppure con qualche elemento discordante, oppure quella del marzo '44: “…due vecchi di Vienna, il marito Gioseph e la moglie Emma Goldberge, che sono fuggiti da Cagli, venuti a Moria (località limitrofa), cercati da Cellerino, che li ha convinti di tornare a Cagli così sono stati presi, portati a Forlì e fucilati…”

Il ricercatore Marco Milli che ci ha fornito lo stralcio, non è riuscito a identificare Cellerino, forse un soprannome.

Samuele Panichi esprime forte rammarico per non averli salvati come aveva fatto con altri ebrei, ad esempio i Fullenbaum, una famiglia di ebrei tedeschi in fuga, che lui stesso aveva accompagnato a Secchiano di Cagli presso i Virgili (i quali saranno proclamati “giusti”). Da notare che Secchiano è proprio la località verso la quale i partigiani e i carcerati fuggono dopo l’attacco alla prigione, mentre il mulino dei Virgili è ricordato da Verbovsek nel suo diario come luogo sicuro dove nascondersi.

 Accade poi qualcosa di ancor più sorprendente. Premesso che prima della guerra Samuele Panichi era vissuto a lungo negli Usa per lavoro, nel 1971, a ottantatrè anni, raggiunge New York alla ricerca del figlio dei Goldberg per raccontargli l'accaduto riguardo ai suoi genitori e informarlo sul luogo della sepoltura. Il giovane era stato in Italia e aveva combattuto nell'esercito contro i nazifascisti.

Si legge in un articolo del 15 settembre ’71, raccolto nel database dell’agenzia ebraica americana JTA, che Panichi attese 14 settimane nella speranza che il giovane Golberg, di cui aveva dimenticato il nome,  si facesse vivo, ma invano.gedul 1 Teresienstadt poi Auschwitz

A tutt'oggi possiamo solo immaginare cosa sia accaduto, forse un tentativo fallito di liberare i Goldberg in quell’ultima settimana di detenzione a Cagli o nei pochi mesi che restavano loro da vivere.

Nel Libro della memoria leggiamo che Josef Israel, arrestato a Forlì il 27 luglio '44 - come la moglie - è detenuto nel carcere cittadino e muore in eccidio per mano tedesca presso il locale campo d'aviazione il 5 settembre '44. La dinamica dell’arresto così ricostruita lascia aperti degli interrogativi in quanto non è segnalata la fuga dei due coniugi da Sant'Ippolito. Appare più probabile che la cattura sia avvenuta a Sant’Ippolito o nel territorio limitrofo.

Altri dubbi riguardano i dati anagrafici. Il Libro della memoria indica come luogo di nascita di Josef Israel la città di Wisnowiec e come data il 1887, posteriore di dieci anni rispetto a quanto risulta in tutte le altre fonti e cioè il database di A. Pizzuti, le liste e la scheda segnaletica della questura di Pesaro e la ricerca di F. Folino. Anna Pizzuti come città natale indica Vienna, mentre Arolsen Archives che conserva tre schede di Goldberg internato a Ferramonti di Tarsia e a Cagli nel  '43, lo dice nato a volte a Vienna, in altro caso a "Wischnitz", sicuramente Wisnowiec. Il padre Heisig è scritto anche Eisik, Aesisc o Alexis.