Scheda

Hantwurcel (Hantwurzel) Majer Zalman Marko



Didascalia:

Hantwurcel Marko. Arolsen Archives

Famigliari compresenti: /
Coniugato/a con: celibe
In Italia a: Genova
In Italia da: /
Percorso di internamento: C. di c. di Ferramonti (CS) dal 17/7/'40 ad agosto '42 quando viene ricoverato in ospedale a Genova; Pergola (PS) da gennaio '43 al 2/12/’43 quando fugge con la famiglia Alcalay.
Ultima località o campo rinvenuti: Pergola (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Roma, poi Milano
Fonti:

A1; A2; Hope; ASP (fasc. Winter); APCe; Ferr; ASP3, ebrei stranieri>; Bad.


Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:

Presso l’Archivio di Stato di Pesaro su di lui non c'è fascicolo nel fondo specifico degli internati, ma il nome compare nel fondo “Pratiche relative alla campagna razzista” per la dichiarazione di soggiorno da parte degli ebrei stranieri internati, del marzo ’43. La lista è stata compilata dalla questura.

In Italia dal 1935, Marko era domiciliato a Genova dove si laurea in farmacia nel ’38. La misura dell'internamento scatta nel luglio '40. Dopo una permanenza di due anni e mezzo nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia (CS), giunge in Provincia di Pesaro, a Pergola, il 30 gennaio ’43, data nella quale il podestà gli sottopone la diffida con le regole imposte agli internati. Qui ritrova la famiglia Alcalay, conosciuta a Ferramonti.

Marko gode del sussidio statale di otto lire al dì e a Pergola chiede di poter lavorare. Viene autorizzato a fare il boscaiolo e poi l’operaio presso la raffineria di zolfo locale di proprietà della Montecatini, che assicura di tenerlo “isolato” e sotto la propria diretta sorveglianza.

In data 6 luglio ’43 il Ministero dell’Interno chiede al Prefetto di Pesaro/Urbino la seconda copia del modulo per la dichiarazione di soggiorno degli stranieri, riguardante l’internato e altri cinque ebrei soggetti alla stessa misura in provincia. Si tratta di Birnbaum, Pacht, Ryza, Schwarz Karl e Rosenzweig Mosè.

Dai documenti della Questura di Pesaro sappiamo che la famiglia Alcalay, formata da quattro persone, fugge dal piccolo paese marchigiano il 2 dicembre '43, ma solo dal diario di Albert abbiamo appreso che quella sera Marko Hantwurzel, il quale abitava poche porte più avanti, chiese e ottenne di potersi unire a loro nella fuga. Non aveva preparato nulla e non sapeva dove andare, mentre Albert già da alcuni giorni si era munito di una carta del territorio e aveva perlustrato le colline circostanti con un amico di Pergola.

Nel gruppo dei fuggitivi, Marko era quello che conosceva meglio la lingua italiana, per questo affiancava costantemente Albert al fine di trovare ospitalità e rifugio. La zona battuta era quella tra Pergola e Arcevia (AN). Tensioni e contrasti non mancavano anche per il carattere scontroso del giovane polacco che, a detta di Albert e di chi ancora lo ricorda, era di poche parole e spesso se ne stava in silenzio a fumare. Per le peregrinazioni a cui andarono incontro, come pure per gli aiuti ricevuti, si veda la scheda di Albert.

Marko lasciò gli Alcalay nel marzo ’44, forse con l’idea di passare il fronte e unirsi agli alleati. Di lui non si seppe più nulla. Forse per questo ancor oggi alcuni ricercatori di Pergola collegano erroneamente il suo nome all’eccidio avvenuto il 4 maggio ’44 a Monte Sant’Angelo nei pressi di Arcevia, ipotizzando che l’internato si sia unito ai partigiani della zona. E siccome non è registrato il suo ritorno nel comune dopo la guerra, hanno pensato che sia uno dei quattro morti non identificati. Ciò non è vero.

In un documento del marzo '45 conservato presso l’Archivio di Stato di Pesaro (fascicolo Emerico Winter), il Prefetto di Pesaro-Urbino chiede al questore la verifica dei periodi di internamento subiti in provincia da cinque stranieri, tutti ebrei. Si tratta di E.Winter, E. Weisz (Bianchi), K. Schwarz, L. Scharfberg e M. Hantwurzel Majer Zalman. I primi quattro in quel momento si trovano a Roma e questo lascia credere che Marko sia lì e come loro abbia sollecitato la pratica al fine di ottenere il sussidio o gli arretrati dello stesso. 

Un chiarimento viene dagli archivi di Bad Arolsen, con carte che portano la data del 18 dicembre 1950 quando Marko si trova a Milano in attesa di poter emigrare in Usa o in Canada. Nel questionario, dove scrive che non può sostenere le spese del viaggio, il rifugiato ripercorre rapidamente la sua storia.

Nel 1934-'35 era a Nancy in Francia, iscritto all'Università, visto che nel suo paese per gli ebrei vigeva il numero chiuso. Ha terminato gli studi a Genova dov'è rimasto dal '35 al '40. Nel luglio '40 si è laureato in chimica farmaceutica e poiché si era trasferito a Milano, qui ha iniziato a lavorare appunto come farmacista.

Di seguito è scattato l'internamento. Egli dice di essere rimasto a Ferramonti dal luglio '40 all'agosto '42, poi ricoverato in ospedale a Genova dall'agosto '42 al gennaio '43 quando viene inviato a Pergola dove resta fino a dicembre. Da dicembre '43 a settembre '44 è rimasto nascosto nel territorio di Pesaro e Ancona.

Da settembre '44 a novembre '46 è a Roma dove riceve aiuti UNRRA per 16 mesi visto che nessuno della famiglia può aiutarlo.

Nel gennaio '46 si trasferisce a Milano, pure sostenuto dall'organizzazione per gli ebrei rifugiati AJDC (American Jewish Joint Distribution Committee), benchè abbia ripreso a lavorare come farmacista presso la stazione centrale. Nel '47 ottiene dalla questura milanese il permesso di soggiorno. Parla fluentemente polacco, italiano, francese, tedesco e un po' di inglese. In Italia ha un lavoro precario e potrebbe perderlo in qualunque momento. Inoltre come straniero si sente solo "tollerato". D'altra parte non vuole tornare in Polonia dove si è instaurato un regime comunista. Ha sofferto la persecuzione nazifascista e ora vorrebbe vivere in un paese libero e svolgere il suo lavoro.