Scheda

Paunzen Rosa Sara (Berta)



Famigliari compresenti: marito
Coniugato/a con: Nagler Max
In Italia a: Milano
In Italia da: Vienna
Percorso di internamento: Cermignano (TE) fino a marzo '42; Urbania (PS) dall'1/4/'42 al 23/1/'44 quando a causa del bombardamento viene sfollata e si dà alla fuga con il marito. Rintracciata, è internata nella stessa sede fino al 15 settembre '44.
Ultima località o campo rinvenuti: Urbania (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti:

ASP; A1; A2; ASCU; ASCU2; Memo; Gale; APz; Bad.


Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:

Presso l’Archivio di Stato di Pesaro su di lei non c’è fascicolo; per i suoi dati si veda quello del marito Max NaglerEntra in Italia con il coniuge il 30 luglio del ’39 con passaporto rilasciato a Vienna il mese precedente (16 giugno) e prorogato a Milano esattamente due anni dopo (5 giugno '41).

Non conosciamo la data d'inizio dell'internamento a Cermignano - Provincia di Teramo - dove si riunisce al coniuge internato prima di lei. Nell’aprile ’42 lasciano il comune abruzzese per giungere in Provincia di Pesaro e vengono destinati a Urbania. Qui il mese seguente compaiono nell’elenco dei 22 internati che non possono amministrare la propria corrispondenza senza passare al vaglio delle autorità. 

Ricevono piccoli aiuti in denaro dalla Delasem di Genova, di Nonantola (MO) e di Firenze (in questo caso più volte). Si rivolgono anche alla Delasem di Roma, alla Legazione svizzera e alla Segreteria di Stato vaticana. 

Da Urbania scrivono a ex compagni di internamento a Cermignano. A noi restano stralci senza data, tradotti e riassunti dai censori, dai quali si ricava che risalgono a poco dopo il loro arrivo, il 1° aprile del ’42, “dopo lungo viaggio”. Rosa comunica a Guido Macchioro di trovarsi in una piccola e bella città a 53 chilometri da Pesaro, dice di essere in attesa del rimborso delle spese di viaggio e descrive la nuova sistemazione, una camera con uso di cucina. Lo informa che suo marito non è stato bene ma confida nel clima mite e nella presenza dell’ospedale. “Di guarire non se ne parla ma la pace e le cure aiuteranno”. Lo prega poi di inviarle la posta loro indirizzata nel caso ne arrivi ancora a Cermignano. 

Rosa accenna poi a “Levi con i bambini…”, sicuramente Levi Salomone di Michon che resterà a Cermignano con la moglie e i figli fino a tutto giugno ’42 per poi raggiungerli a Urbania. Di seguito fornisce all’amico informazioni sugli internati ebrei presenti nella nuova sistemazione, fra i quali Lazzaro Werczler al quale lei ha portato i saluti di Vamos Albert (di Vamos c'è notizia nel Libro della memoria: nel novembre '43 sarà catturato in Provincia di Como e deportato ad Auschwitz). 

Rosa promette una lettera più dettagliata “dopo le feste” (forse pasquali) anche a Samuele Höfler. Chiede poi cosa facciano loro e per parte sua lamenta di non conoscere nessuno nella nuova sede. Da Pesaro a Urbania, precisa, l’autobus impiega quattro ore. Nella firma compaiono i nomi Max e Berta, senz'altro suo secondo nome. 

Un’altra lettera è indirizzata a Helmut Frank, altro internato di Cermignano. Rosa lo informa che Urbania è a 260 metri di altezza, meno dell'altro paese, “ciò che per mio marito è molto bene”. Risultano poi tracce di corrispondenza con i parenti. Il figlio dei Nagler, Otto, vive ad Haifa in Palestina e i genitori gli chiedono notizie sugli studi e sulla salute.

 Il 3 dicembre '43 i carabinieri non eseguono l'ordine d'arresto perché il marito è trovato allettato e lei è lasciata ad assisterlo. Il mese seguente (30 gennaio '44) il Questore Rossi sollecita le forze dell'ordine locali affinché facciano predisporre il foglio di via per i due coniugi. Essi devono recarsi a Pesaro per la visita medica che dovrà decidere la loro sorte. Pochi giorni prima, il 23 gennaio, a seguito del rovinoso bombardamento sulla città, Max e Rosa avevano dovuto lasciare il comune e sfollare nei dintorni assieme agli altri abitanti di Urbania. In quel marasma si erano dati alla fuga ma erano stati rintracciati. Forse è in quel momento che cambiano residenza, come diremo dopo. 

 Intanto, il 18 febbraio l'esito della visita medica viene comunicato ai carabinieri e poichè consiste in una valutazione positiva, nel senso che il medico provinciale non ha riscontrato nei due internati alcun sintomo di malattia, i due ebrei "dovranno essere arrestati e tradotti nelle carceri più prossime in attesa della loro destinazione in un campo di concentramento". E' il questore a sollecitare l'arresto e lo farà ripetutamente, ma senza esito. Una volta subentra un'improvvisa malattia e un'altra volta i due coniugi non si fanno trovare. Infine vengono rintracciati in ospedale a Urbino e prima di mettere in atto l'arresto se ne attende la guarigione. 

Torniamo indietro di un tratto per segnalare che nel dicembre ’42 i coniugi Nagler abitavano con Hermann Just e poi con Paolo Schwarz presso Tancredi Pierini, che fu anche podestà. Poi però, dopo il bombardamento del 23 gennaio '44, secondo la testimonianza dei fratelli Fiorenzo e Massimo Galeotti si sistemano a casa loro in via Raffaello. La madre dei testimoni aveva perso il marito Costantino nello stesso evento bellico e quindi, prendendo con sé i tre figli, poteva disporre di una camera libera.  "Rosa e Massimo" vissero per un po' presso di loro e quando se ne andarono lasciarono una cassetta con dentro delle cose andate perdute, salvo una scatolina di legno inciso che è conservata tra i ricordi di quegli anni.

Di fatto i Nagler restano internati a Urbania fino al 15 settembre '44. A differenza di altri nella stessa situazione, riescono a salvarsi. Su questo punto si veda quanto detto per il marito e per Lazzaro Werczler con il quale esisteva un legame anche in relazione a comuni conoscenze di Fiume. Secondo Don Sergio Campana, gli amici di Werczler pagarono qualcuno per essere risparmiati.