Scheda

Amsterdam Arthur



Didascalia:

Dalla scheda segnaletica della Questura di Pesaro del dicembre '41.

Famigliari compresenti: genitori e sorella
Coniugato/a con: celibe
In Italia a: Milano
In Italia da: Offenbach sul Meno, Germania
Percorso di internamento:  C. di c. di Alberobello (Ba) da luglio '40 fino a dicembre '41; Fermignano (PS) dal 24/12/'41 ai primi di dicembre ‘43 quando viene arrestato. In carcere a Urbino dal 5 dicembre '43 al 5/8/'44. Scarcerato, è internato a Urbino.
Ultima località o campo rinvenuti: Urbino
Deportato: no
Ucciso in Italia:
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti:

ASP; A1; A2; A2 B, b.20; Urbi; Misan; Fcr; LDM; EFo; ASCFER; MB; Bad.


Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:

Benché giovanissimo, gli viene attribuita la professione di industriale, la stessa del padre; i suoi dati presso l’Archivio di Stato di Pesaro sono contenuti nel fascicolo di quest'ultimo. 

La famiglia risiedeva a Offenbach, in Germania e, dopo le devastazioni subite nella "notte dei cristalli" nella loro industria di pellami, decise di emigrare. Nel luglio del '39, assieme ai genitori Joseph David e Sara Jalka Richter e alle sorelle Selma ed Eva Rachele, Arthur entra nel Regno dal Brennero con un permesso di tre mesi rilasciato dal consolato italiano di Francoforte. Eva Rachele lascia subito l'Italia per la Gran Bretagna e poi per gli USA.

Dopo un anno esatto di permanenza a Milano, il giovane e il padre vengono internati ad Alberobello (BA), dove sono classificati entrambi come commercianti; la permanenza nel campo è di un anno e mezzo. Di qui chiedono ripetutamente di essere riuniti alla famiglia, cioè alla madre e alla sorella rimaste a Milano. In un primo tempo le autorità romane ipotizzano il campo di Ferramonti di Tarsia, poi escluso.

Da Alberobello i due uomini inviano alle congiunte cartoline dipinte a mano da un pittore ebreo internato, visibili nella sezione Documenti e Immagini: fotografie e disegni. Alla fine del ’41 sono trasferiti in Provincia di Pesaro, a Fermignano.

Nel piccolo paese marchigiano la famiglia si riunisce e vi resta per due anni. Qui risulta che Arthur abbia un contatto con l’internato tedesco Hes Josef, il quale nel maggio del '42 gli scrive da Urbania (PS). Ad Arthur viene sospeso il sussidio, poi nuovamente assegnato nella misuta di sole 4 lire al dì anziché 8. Tale è la quota prevista per i conviventi degli internati, non internati a loro volta, pertanto, molto lucidamente, egli presenta per via gerarchica un esposto al ministero in cui chiede se debba o meno essere considerato internato; in caso di risposta negativa si riterrebbe libero di muoversi da Fermignano e di cercarsi un lavoro altrove. 

In un secondo esposto chiede di tornare a Milano per potersi mantenere autonomamente e non gravare sulla famiglia, la quale può contare solo sul sussidio minimo. Fra l'altro veniamo a sapere che a Fermignano egli vive separatamente dai suoi per l'impossibilità di trovare un alloggio capiente per tutti. Tali istanze - complessivamente tre - vanno da ottobre '42 a maggio '43.

Arthur resta a Fermignano, non sappiamo con quale entità di sussidio. Lamenta poi di dover restituire le somme che secondo le autorità ha percepito in più, dal momento che inizialmente gli veniva corrisposto il sussidio di lire otto. Si coglie nel tono formale delle lettere una rabbia contenuta per l'estrema miseria della propria condizione.

Ai primi di dicembre del ’43, con l’arresto generalizzato degli ebrei, tutti e quattro gli Amsterdam vengono catturati nel comune dove risiedono. Arthur dovrà restare in carcere a Urbino dal 5 dicembre '43 al 5 agosto '44. Poiché conosce la lingua italiana, si presta a scrivere anche per il padre, provato da una condizione di salute molto preoccupante. Poi sarà Joseph David, scarcerato per primo, a tentare di intercedere per i congiunti.

Durante la lunga detenzione, il ragazzo diventa amico di Gaddo Morpurgo, come lui giovane, separato dalla famiglia e legato allo stesso drammatico destino. 

Va ricordato che il 31 maggio '44 il comando tedesco chiede alle autorità comunali "un elenco preciso di tutti gli ebrei dimoranti adesso in Urbino" e il commissario prefettizio il giorno seguente risponde di aver interessato di ciò la questura "perchè corrisponda con ogni possibile urgenza alla richiesta."

Nel frattempo gli oppositori politici agiscono in città a vari livelli. Si tratta di impiegati comunali, medici dell'ospedale, assistenti carcerari, suore e sacerdoti, tra cui don Gino Ceccarini, partigiano e membro del CLN, tutti impegnati a nascondere ebrei e politici in pericolo.

 Per Arthur in particolare, Wanda Camerini in Misan ebrea triestina sfollata, sostiene che da parte di persone attive nella Resistenza ci furono precisi tentativi di salvarlo insieme a Gaddo Morpurgo

 In una lettera autografa del 2 agosto '44 dalle carceri giudiziarie di Urbino, Arthur fa riferimento a una visita radiologica a cui doveva essere sottoposto ma che non gli era stata fatta “per ragioni tecniche”. La guerra infuria e il carcerato si rende conto che "date le circostanze sarà difficile che essa possa aver luogo nel futuro.” Chiede pertanto di essere liberato e riunito ai famigliari a Fermignano.

Tre giorni dopo, il 5 agosto, viene dimesso dalle carceri, in quanto giudicato non idoneo al campo di concentramento per ragioni di salute. Il Questore di Pesaro scrive all’ECA di Urbino per comunicare che Arthur Amstedam, scarcerato, viene internato nella stessa Urbino, per cui si deve dar corso ai sussidi previsti.

Il giovane non è stato accontentato circa la destinazione, ma, vista la sorte che toccherà ai familiari, non è detto che il trasferimento a Fermignano l'avrebbe posto al riparo dalla cattura. 

La settimana seguente egli è già nelle mani dei militari tedeschi, come avviene per l'amico Gaddo Morpurgo. Nel Libro della memoria si legge che Arthur viene arrestato a Urbino il 12 agosto, è tradotto a Forlì e detenuto in carcere per morire in eccidio nel locale campo d'aviazione il 5 settembre '44. Stessa sorte per la madre e la sorella.

Il padre Joseph David si salva, non sappiamo come. La sua tomba è stata rinvenuta a Roma solo nel 2014 per interessamento della nipote Margò, figlia di Eva Rachele.